L’ aneurisma dell’aorta addominale è una condizione patologica che in genere ha un decorso asintomatico e quando si manifesta clinicamente con la rottura presenta un’elevatissima mortalità. Tale patologia colpisce più frequentemente la popolazione maschile di età superiore ai 60 anni con una prevalenza in tale fascia di età del 2-4% e, se non trattata, progredisce verso la rottura. Tale evento è letale in circa l’80% dei pazienti. Un attento monitoraggio è l’unica soluzione per operarsi prima che si rompa.

 

Aneurisma aorta addominale: cos’ è

Un aneurisma è una dilatazione localizzata e permanente di un vaso sanguigno. Il normale diametro dell’aorta addominale varia con l’età, il sesso, il peso corporeo, mediamente è compreso tra 15-20 mm.

L’ incidenza degli AAA nella popolazione generale è notevolmente incrementata nelle ultime decadi sia per l’aumento dall’età media sia per il miglioramento e disponibilità delle tecniche diagnostiche, in particolar modo dell’ultrasonografia (ecocolordoppler). La diagnosi precoce di tale malattia permette di prevenire il rischio di rottura grazie alla possibilità di correggere l’aneurisma in elezione.

La terapia medica non è in grado di prevenire la crescita dell’aneurisma che rappresenta il principale fattore di rischio per la rottura. Attualmente esistono due possibili approcci interventistici che sono rappresentati dalla chirurgia tradizionale e dalla tecnica endovascolare.

 

Perché l’aorta si dilata?

La causa degli AAA è multifattoriale: possono essere dovuti a diverse condizioni quali traumi, infezioni, malattie infiammatorie o patologie del tessuto connettivo ma  nella maggior parte dei casi sono su base degenerativa e si riteneva che la causa principale fosse l’aterosclerosi. Ciò era rafforzato dalla concomitante presenza nei pazienti con aneurisma di altri fattori di rischio aterogeni quali l’ipertensione, il fumo e l’ipercolesterolemia.

Oggi il ruolo dell’aterosclerosi è stato ridimensionato focalizzando l’attenzione anche su altri fattori implicati nello sviluppo di tale malattia quali:

  • Alterazioni del tessuto elastico parietale
  • Proteolisi
  • Processi infiammatori
  • Fattori genetici

 

La parete vasale

L’aorta è l’arteria in cui il tessuto elastico è maggiormente rappresentato, tale componente è costituito principalmente da due tipi di proteine: il collagene e l’elastina che conferiscono a tale vaso le caratteristiche di notevole elasticità e resistenza. Una delle caratteristiche del tessuto aneurismatico è la frammentazione della struttura lamellare della media con una riduzione della concentrazione di elastina e lo squilibrio tra la quantità di collagene ed elastina al livello della parete arteriosa con conseguente indebolimento della stessa.

Tale squilibrio dei componenti della parete aortica viene innescato da un processo di proteolisi ad opera di enzimi quali le collagenasi e le elastasi la cui attività risulta aumentata nella parete degli aneurismi. Gli enzimi proteolitici maggiormente rappresentati sono le metalloproteinasi (MP) della matrice che sono localmente attivate e trasformati in altri tipi di MP, oppure, tramite la plasmina.

 

L’aneurisma può essere ereditario?

La familiarità che caratterizza gli AAA suggerisce anche una componente genetica nella patogenesi della malattia anche se un modello di trasmissione ereditario non è stato ancora dimostrato vista anche la comparsa in età avanzata della malattia. A tale proposito sono di particolare rilevanza gli studi condotti da Johansen e Koepsell in cui si riporta un’incidenza di AAA del 19% tra i parenti di primo grado di soggetti affetti da aneurisma.

 

Rischio di rottura: la complicanza più temuta

Indipendentemente dalla causa, una volta iniziato il processo di dilatazione della parete vasale questo tenderà inesorabilmente a progredire fino alla rottura. Il diametro dell’aneurisma risulta essere il fattore predittivo più significativo del rischio di rottura, che aumenta proporzionalmente all’incremento del diametro.

Il rischio annuale di rottura è:

  • quasi nullo per un diametro < 4 cm;
  • dello 0,6-1% per diametri compresi tra 4 e 5.4 cm;
  • del 9.4% per diametri compresi tra 5 e 5.9 cm;
  • del 10-20% per diametri tra 6 e 6.9 cm;
  • del 20-40% per diametri tra 7 e 7.9 cm;
  • del 30-50% per quelli superiori a 8 cm.

La velocità di crescita annua se rapida (cioè superiore ad 1 cm\anno) è associata ad un rischio di rottura più elevato. La morfologia sacculare, i cosiddetti “blebs”, presentano un rischio di rottura più alto. Inoltre svolgono un ruolo importante anche il fumo di sigarette, l’ipertensione arteriosa, l’anamnesi familiare positiva, le malattie broncopolmonari ostruttive croniche, il sesso femminile.

 

Sintomi

La maggior parte dei i pazienti con AAA sono asintomatici al momento della diagnosi iniziale. Gli aneurismi vengono comunemente diagnosticati durante un esame obiettivo di routine oppure vengono riscontrati occasionalmente in corso di esami eseguiti per altre ragioni quali ad esempio una ecografia addominale piuttosto che un ecodoppler eseguito anche in altri distretti (carotidi ed arti inferiori).

Un dolore addominale vago può essere è il fastidio più comunemente avvertito. Tale dolore è tipicamente costante o pulsante ed è localizzato all’epigastrio oppure in regione lombare ed in caso di rottura si associa ad uno shock emorragico.

Altre volte invece non vengono individuati fino a quando un’improvvisa rottura causa dei sintomi drammatici. La rottura è caratterizzata da un’emorragia massiva che nella maggior parte dei casi porta alla morte per shock cardiocircolatorio.

Oltre la rottura esiste la possibilità, seppur sporadica, che il trombo murale all’ interno dell’aneurisma possa frammentarsi e quindi embolizzare distalmente dando luogo ad un’ischemia acuta degli arti inferiori che dovrà prontamente essere diagnosticata e trattata per evitare conseguenze quali l’amputazione dell’arto.

 

Come fare diagnosi

Dato che le dimensioni dell’AAA sono il più importante fattore di rischio di rottura, le tecniche diagnostiche non invasive che possono essere eseguite in tempi rapidi e sono in grado dare una stima delle dimensioni dell’aneurisma ed eventuali segni di rottura stanno assumendo un’importanza sempre crescente nella valutazione di un paziente con sospetto AAA.

La valutazione diagnostica si avvale quindi della:

  • Ultrasonografia (Ecodoppler): metodica di screening più semplice con eccellenti sensibilità e specificità nell’ individuazione di AAA. Questa metodica è ampiamente disponibile e l’esame può essere eseguito rapidamente nella maggior parte degli ospedali. Presenta buona accuratezza nel misurare le dimensioni e consente di acquisire immagini sia in sezione trasversale che longitudinale. E’ un esame non invasivo, ripetibile, affidabile e di breve durata anche se presenta il limite di essere operatore dipendente. Inoltre l’obesità e il meteorismo intestinale potrebbero non permettere una chiara visualizzazione dell’aorta e dei vasi iliaci.

  • TAC con MdC: attualmente è l’indagine diagnostica “di secondo livello” più affidabile per la valutazione degli AAA. Le misurazioni anatomiche sono accurate e l’identificazione preoperatoria di anomalie venose e renali (come rene a ferro di cavallo, etc) contribuisce alle strategie terapeutiche. Vengono anche identificate eventuali patologie associate quali neoplasie che possono influenzare l’indicazione chirurgica.Presenta però lo svantaggio di utilizzare alte dosi di radiazioni ionizzanti oltre che iniezione di mezzo di contrasto (sostanza nefrotossica) e per questi motivi tale indagine viene consigliata solo dopo l’esecuzione dell’Ecodoppler presso sanitari esperti.

  • Risonanza Magnetica Nucleare (RMN): Questa indagine è accurata quanto la TC nello studio degli AAA. L’ Angio-RM, con o senza mezzo di contrasto, consente di ottenere immagini panoramiche di elevata qualità. Gli svantaggi sono: lunghi tempi di esecuzione, la scarsa sensibilità per le calcificazioni e l’impossibilità di eseguire l’indagine in pazienti portatori di apparecchiature metalliche (ad esempio pacemaker) o anche in pazienti claustrofobici.

 

Aneurisma aorta addominale: terapia e follow-up

L’obiettivo del trattamento di un aneurisma dell’aorta addominale è di evitare la rottura. A seconda della dimensione e della condizione dell’aneurisma, tale intento può essere perseguito con un accurato monitoraggio o con un intervento di riparazione.

Se l’aneurisma diagnosticato è di dimensioni ridotte (inferiore ai 4 cm), si potrà decidere di non intervenire e di avviare un’accurata osservazione per rilevare eventuali cambiamenti nel diametro e/o nella forma. Molto utile sarà il controllo dei fattori di rischio cardiovascolari quali il monitoraggio della pressione arteriosa, l’astensione dal fumo di sigaretta, il calo ponderale mediante un’alimentazione povera di alcool e grassi.

Inoltre, l’impiego di statine, indipendentemente dai livelli di colesterolo, è utile nel cercare di ridurre la velocità di crescita dell’aneurisma, grazie all’effetto rimodellante la parete vasale di questa famiglia di farmaci.

 

Quando bisogna operare

Quando sussiste un rischio reale di rottura dell’aneurisma. Bisogna valutare: il diametro: che dovrebbe raggiungere o superare i 5,5 cm per l’uomo e i 5 cm per la donna, la morfologia: dilatazioni asimmetriche o sacculari (bleb) sono più propense alla rottura rispetto alle simmetriche e fusiformi, la velocità di crescita: mediamente circa 0,4 cm l’anno, un rapido accrescimento della sacca aneurismatica è sinonimo di fragilità parietale e quindi di propensione alla rottura, presenza di sintomi: dolore lombare, dolore addominale alla palpazione dell’aneurisma, ischemia degli arti da embolizzazione del trombo parietale della sacca aortica.

Lo specialista a seconda dei casi potrà raccomandare un intervento chirurgico tradizionale (a cielo aperto) o mini-invasivo (impianto di una protesi endovascolare).

 

Tipologia di intervento chirurgico

Bisogna valutare per ogni singolo paziente tenendo in considerazione molteplici fattori: l’età, le comorbidità (cardiopatie, broncopatie, insufficienza renale con eventuale dialisi), presenza di pregressi interventi chirurgici addominali, obesità ma soprattutto l’anatomia vascolare, da studiare con AngioTC, che rimane forse il vero parametro discriminante tra la soluzione endovascolare e l’opzione chirurgica.

 

Chirurgia aperta: sostituzione aortica

La chirurgia aperta degli AAA si esegue sempre con il paziente in anestesia generale e può essere eseguita mediante un accesso laparotomico xifopubico o meno frequentemente attraverso un approccio extraperitoneale mediante una incisione obliqua che va dal IX-X spazio intercostale all’ombelico. La tecnica consiste nell’isolamento dell’aorta addominale, e delle arterie iliache se necessario, e successivamente (previa eparinizzazione sistemica) tali vasi vengono clampati e quindi, attraverso una aneurismotomia longitudinale, viene sostituita l’aorta e le eventuali arterie iliache dilatate con una protesi in materiale sintetico, in genere dacron. La protesi, che può essere tubulare o biforcata a seconda delle necessità, viene suturata prossimalmente ad un tratto sano di aorta immediatamente sovrastante e distalmente al livello dell’aorta prebiforcazione o delle arterie iliache.

Con questa tecnica si possono correggere tutti i tipi di aneurismi indipendentemente dall’anatomia del paziente e dall’estensione della dilatazione. Le complicanze a lungo termine sono rare anche se, quando si verificano, sono gravi. Vengono considerati interventi di chirurgia maggiore ad elevata invasività, comportano perdite ematiche notevoli, necessitano di monitoraggio postoperatorio in terapia intensiva e hanno tempi di degenza media postoperatoria che vanno dai 4 ai 7 giorni. La mortalità perioperatoria e la morbilità maggiore e sono rispettivamente del 4,1% e del 18,6% nei centri di alta specializzazione.

Per tali motivi questo tipo di chirurgia è talvolta controindicata in quei pazienti che presentano numerose comorbilità e sono da considerare ad alto rischio chirurgico.

Quando tali interventi vengono eseguiti in urgenza per rottura dell’AAA le difficoltà tecniche sono notevoli per la presenza dell’emoperitoneo o dell’ematoma retroperitoneale e la mancanza di una preparazione adeguata all’intervento. Anche quando il paziente supera l’intervento chirurgico il decorso postoperatorio presenta comunque un’elevata morbilità e mortalità.

 

Chirurgia endovascolare mini-invasiva: esclusione aortica

Tale metodica si ottiene con il posizionamento di endoprotesi fatta avanzare per via endoluminale attraverso un accesso transfemorale. L’endoprotesi viene quindi aperta ed ancorata attraverso l’adesione (“sealing”) della protesi con il colletto aortico prossimale e distale indotta dallo stent inserito nella protesi. La “mini-invasività” della procedura si basa su:

– assenza di isolamento chirurgico dell’aorta addominale

– assenza del clampaggio aortico

– riduzione delle perdite ematiche per mancata apertura della sacca aneurismatica

– possibilità di rilascio della protesi in anestesia locale o loco-regionale

La procedura endovascolare deve essere eseguita in una sala operatoria dotata di un angiografo e necessita la somministrazione di mezzo di contrasto iodato per valutare l’anatomia del paziente e permettere un preciso posizionamento del device.

La tecnica consiste nel posizionamento della protesi attraverso le arterie femorali mediante un’esposizione chirurgica o anche percutanea. Sotto controllo fluoroscopico il device viene inserito attraverso le arterie iliache al livello dell’aorta addominale sottorenale e rilasciato preservando la pervietà delle arterie renali in modo da atterrare e agganciarsi su un tratto di aorta sottorenale sana (colletto prossimale). Successivamente vengono posizionate le branche iliache che completano l’esclusione della sacca aneurismatica.

Anche se esistono ancora dei limiti sia di ordine anatomico, che non permettono di applicare tale trattamento a tutti i tipi di aneurismi, sia in termini di affidabilità, a causa dell’elevata incidenza di complicanze tardive che necessitano un reintervento, non vi è dubbio che una grande quantità di AAA possono oggi essere trattati con successo mediante tale procedura.

 

Decorso post operatorio: avrò una vita normale dopo l’ intervento?

L’impatto chirurgico sul paziente è pressochè nullo: l’intervento viene eseguito in circa 80-90 minuti, la dimissione in media 36-48 ore dopo aver eseguito l’intervento e con una convalescenza domiciliare di pochi giorni. Se viene eseguito l’accesso percutaneo non ci saranno medicazioni da eseguire, né punti chirurgici di rimuovere, e neanche cicatrici cutanee. Non esistono controindicazioni alle normali attività della vita quotidiana né terapie farmacologiche da assumere. Sarà opportuno seguire un monitoraggio semestrale mediante ecodoppler per accertarsi che la sacca aneurismatica non cresca e/o addirittura si riduca.

 

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Dott. Alfonso Casalino

Chirurgo Vascolare

 

Dirigente Medico I livello

UOC Chirurgia Vascolare

AORN dei Colli – Ospedale Monaldi

Napoli