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Cosa sono e come funzionano i dispositivi elettronici cardiaci
Ogni anno in Italia decine di migliaia di pazienti vengono colpiti da malattie cardiovascolari che richiedono l’impianto di un pacemaker o di un defibrillatore automatico impiantabile (ICD). I pacemaker e i defibrillatori automatici impiantabili sono dei dispositivi elettronici di altissima tecnologia, anche chiamati dispositivi elettronici cardiaci.
Questi dispositivi oggi sono ormai molto miniaturizzati: poco più grandi di una moneta da 2 Euro i pacemaker, grandi circa come un orologio da taschino gli ICD. Nonostante le loro dimensioni questi dispositivi sono sofisticatissimi e svolgono delle funzioni così importanti da poter essere considerati dei veri e propri “dispositivi salvavita”.
Il pacemaker è un dispositivo che serve a curare le bradiaritmie. Il cuore è dotato di un vero e proprio impianto elettrico detto sistema di conduzione che produce l’impulso elettrico e lo diffonde a tutto il muscolo cardiaco. Questo è indispensabile per dare il giusto ritmo e la giusta sincronia all’attività contrattile del cuore.
Ci sono delle patologie, per lo più degenerative e nella stragrande maggioranza dei casi legate all’invecchiamento, che colpiscono questo “impianto elettrico” per cui l’impulso non viene più generato correttamente o non viene più condotto in tutte le parti del cuore. Questo fa si che il cuore rallenti o, in alcuni casi, si fermi completamente con conseguenze ovviamente gravissime.
Il pacemaker è in grado di registrare l’attività cardiaca spontanea e di stimolare elettricamente il cuore se l’attività cardiaca rallenta in maniera patologica. Stimolando il cuore, il pacemaker si sostituisce all’impianto elettrico del cuore che è difettoso.
Il defibrillatore automatico impiantabile è un dispositivo che serve ad interrompere le “aritmie veloci” molto gravi (la tachicardia ventricolare e la fibrillazione ventricolare). Come il pacemaker, anche il defibrillatore “sorveglia” continuamente il ritmo cardiaco ed interviene nel caso in cui si verifichi una di queste gravi aritmie interrompendola prontamente. In genere (ma non sempre) il defibrillatore interrompe queste aritmie erogando un potente “shock elettrico” (percepito dal paziente come un forte e doloroso colpo nel petto) che ha la funzione di resettare completamente l’attività elettrica del cuore e di arrestare l’aritmia.
Il defibrillatore è considerato un “dispositivo salvavita” in quanto queste aritmie, se non prontamente interrotte, possono condurre all’arresto cardiaco e quindi rapidamente alla morte, la cosiddetta morte improvvisa. Il defibrillatore viene infatti impiantato nei pazienti ad alto rischio di morte improvvisa. Oltre ad interrompere queste aritmie, la maggior parte dei modelli di defibrillatori (ma non tutti) sono anche in grado di stimolare il cuore in caso di bradiaritmie, fungono cioè anche da pacemaker.
Tecnica di impianto dei dispositivi elettronici cardiaci
L’intervento di impianto di un pacemaker e di un defibrillatore è molto simile. Si tratta di un intervento di piccola chirurgia (in genere eseguito in anestesia locale) con cui il dispositivo viene posizionato in una piccola tasca sottocutanea, in genere posizionata sotto la clavicola.
Il dispositivo viene collegato ad uno o più fili (chiamati elettrocateteri) che attraverso un’applicazione transvenosa vengono inseriti all’interno di una grossa vena (in genere la vena succlavia, o la vena ascellare, o la vena cefalica) e posizionati fino all’interno del cuore. Questi fili hanno lo scopo di mettere in comunicazione il dispositivo con il muscolo cardiaco. L’intervento in tutto ha generalmente una durata di 30-60 minuti. L’impianto di un pacemaker o di un defibrillatore in condizioni normali richiede una breve degenza (di 2-4 giorni, a seconda dei casi).
Possibili complicanze
Pur trattandosi di un intervento semplice e relativamente poco impegnativo per il paziente (un classico “intervento di routine”), durante e dopo una procedura di impianto di un pacemaker o di un defibrillatore possono verificarsi delle complicanze. Nonostante le moderne conoscenze, le attuali tecnologie, l’esperienza e le competenze dei medici operatori , queste complicanze sono tutt’altro che rare, potendo colpire fino al 10% dei pazienti (1 paziente su 10!). Fortunatamente nella maggior parte dei casi queste complicanze sono lievi e prive di conseguenze, ma in rari casi possono essere molto gravi e cambiare profondamente la vita del paziente che le subisce.
Le complicanze che si possono verificare durante l’intervento (complicanze precoci) sono abbastanza rare. Una di queste è lo pneumotorace che si verifica quando viene accidentalmente punto il polmone con conseguente ingresso di aria all’interno dello spazio che circonda il polmone (spazio pleurico). Il trattamento dello pneumotorace può richiedere l’inserimento di un tubicino (drenaggio) nel torace che consente di espellere l’aria penetrata.
Una complicanza grave, ma fortunatamente molto rara, è la perforazione cardiaca che può richiedere un intervento chirurgico in urgenza. Più frequentemente le complicanze si verificano settimane, mesi o addirittura anni dopo l’intervento (complicanze tardive).
Vi può essere una raccolta di sangue all’interno della tasca, che può provocare un gonfiore nella sede di impianto del pacemaker (ematoma della tasca) e può richiedere un nuovo intervento per il suo svuotamento. Questa complicanza è più frequente nei pazienti che assumono farmaci anticoagulanti o antiaggreganti.
Vi può essere un’ infezione della tasca del pacemaker che può facilmente diffondersi agli elettrocateteri. L’infezione degli elettrocateteri è una complicanza molto temuta perché può portare ad una grave infezione del cuore chiamata endocardite batterica. Quando vi è un’infezione degli elettrocateteri, per curarla completamente il paziente deve essere obbligatoriamente sottoposto all’espianto del pacemaker ed all’estrazione degli elettrocateteri. L’estrazione degli elettrocateteri è una procedura molto complessa e rischiosa. L’infezione della tasca e degli elettrocateteri è una complicanza più frequente nei pazienti con gravi malattie cardiovascolari, con patologie croniche come il diabete e l’insufficienza renale e in quelli più anziani.
Ci possono poi essere complicanze legate agli elettrocateteri: gli elettrocateteri possono spostarsi dalla loro sede di impianto e negli anni possono rompersi. In entrambi i casi il problema può essere risolto solo sottoponendo il paziente ad un nuovo intervento chirurgico. Molto raramente può verificarsi un malfunzionamento del dispositivo o il dispositivo può risultare difettoso. In questi casi può rendersi necessario un nuovo intervento per sostituire il dispositivo malfunzionante con uno nuovo.
Perché si verificano le complicanze?
Nonostante il continuo miglioramento e perfezionamento delle tecniche chirurgiche il rischio che durante un intervento si verifichi una complicanza non è mai pari a zero. Durante un intervento di impianto di un pacemaker o di un defibrillatore il rischio che si verifichi una complicanza dipende principalmente dalle caratteristiche del paziente.
Ogni paziente ha un’anatomia diversa e ci sono pazienti con un’anatomia sfavorevole che aumenta il rischio di alcune complicanze come lo pneumotorace e lo spostamento degli elettrocateteri. Ci sono poi alcune patologie croniche come lo scompenso cardiaco, il diabete e l’insufficienza renale che aumentano il rischio di infezione. Infine, ci sono alcune terapie, come i farmaci anticoagulanti e gli antiaggreganti che aumentano il rischio di ematoma della tasca.
Un’altra causa di complicanze è legata ai limiti tecnologici dei dispositivi che vengono impiantati. Tutti i dispositivi progettati e costruiti dall’uomo possono usurarsi col tempo, rompersi o risultare difettosi. I pacemaker, i defibrillatori e gli elettrocateteri non fanno eccezione a questa regola. Nonostante gli incredibili miglioramenti tecnologici che sono stati fatti negli anni, i moderni dispositivi elettronici cardiaci non sono indistruttibili e possono andare incontro a malfunzionamento.
Mi devono impiantare un pacemaker o un defibrillatore. Devo avere paura delle complicanze?
Anche il più semplice e banale intervento chirurgico ha un rischio di complicanze. L’impianto di un pacemaker o di un defibrillatore non fa eccezione a questa regola. Se pensiamo a quanto in realtà sia complesso e delicato questo tipo di intervento (che richiede l’inserimento di elettrocateteri all’interno del cuore, l’organo più importante del nostro organismo!), possiamo comprendere come sia possibile che, nonostante tutte le attenzioni dei medici, a volte qualcosa possa andare storto.
Non dobbiamo però dimenticare che l’impianto di un pacemaker o di un defibrillatore spesso si rende necessario per salvare la vita del paziente e pertanto il beneficio dell’intervento è enormemente più alto rispetto al rischio che si verifichi una complicanza.
Bisogna inoltre considerare che tutte le equipe mediche impegnate in questo tipo di interventi, proprio perché particolarmente delicati, hanno le competenze e l’esperienza per prevenire, riconoscere e gestire al meglio queste complicanze, minimizzandone le conseguenze.
Contatta l’esperto in merito a questo argomento.
Cardiologo Aritmologo, esperto in diagnosi e terapia dei disturbi del ritmo cardiaco
Unità Operativa Complessa di Cardiologia
Azienda Ospedaliera “Card. Giovanni Panico”
Tricase (Lecce)