INTRODUZIONE

L’auscultazione della frequenza cardiaca fetale (FCF) rappresenta un importante metodo di sorveglianza del benessere fetale.

Per la rilevazione del battito cardiaco fetale durante il travaglio, i professionisti si avvalgono di uno strumento: il cardiotocografo.

Il termine cardiotocografia (CTG) (dal greco “kardia”, cuore, e “tokos”, contrazioni/ parto) è quello che meglio descrive il monitoraggio in continuo della FCF in relazione all’attività contrattile uterina.

Tale metodica nasce verso la fine degli anni 60, periodo in cui sono stati introdotti anche altre tecniche quali: il prelievo di sangue dallo scalpo fetale, il monitoraggio continuo del pH fetale, il dosaggio dei lattati, l’ossimetria pulsata fetale e l’analisi del tratto ST dell’elettrocardiogramma fetale. Nella quasi totalità dei punti nascita italiani i metodi appena descritti sono ancora poco utilizzati.

AUSCULTAZIONE INTERMITTENTE (AI)

L’AI ha come principale obiettivo l’identificazione tempestiva di ipossia/acidosi fetale al fine di consentire interventi appropriati, prima che si instauri un danno irreversibile; l’AI dovrebbe essere utilizzata di routine per il monitoraggio intrapartum nei travagli fisiologici, ovvero i travagli che non presentino fattori di rischio, per i quali non vi è indicazione alla CTG in continuo. Si ricorda che l’AI richiederebbe la presenza costante dell’ostetrica con la gestante in travaglio (rapporto 1:1, one to one). In caso di mancato rapporto one to one è preferibile l’uso della CTG in continuo.

In generale durante la rilevazione del BCF si consiglia un monitoraggio simultaneo della frequenza cardiaca materna al fine di differenziare i due parametri.

  • Raccomandazioni per l’esecuzione dell’AI:

MONITORAGGIO IN CONTINUUM

Il monitoraggio in continuum (cioè durante tutto il periodo del travaglio, a partire da travaglio attivo) va eseguito nel caso di indicazione medica specifica, quando si escludono i criteri di basso rischio. In tal caso è sconsigliato procedere al monitoraggio prolungato in posizione materna supina, in quanto esso può determinare la compressione aorto-cavale da parte dell’utero gravido, compromettendo la perfusione placentare e l’ossigenazione fetale.

Le attuali Linee guida raccomandano di utilizzare una velocità di scorrimento della carta di 1cm/minuto con scala verticale posta a 20 o 30 bpm/cm.

In caso di gravidanze gemellari, la rilevazione dei battiti dovrebbe essere effettuata mediante strumenti provvisti di due canali che permettano il riconoscimento simultaneo di entrambi i cuori fetali.

Nella tabella sottostante si riportano i principali criteri di inclusione al monitoraggio in continuum:

PARAMETRI DI LETTURA

Linea di base

Normale: valore compreso tra 110 e 160 bpm.

Il livello della linea di base tende ad abbassarsi progressivamente durante il corso della gravidanza, i feti pretermine tendono ad avere valori al limite superiore della norma e feti post-termine ai limiti inferiori.

Tachicardia

Valore >160 bpm per più di 10 minuti.

Quando un feto presenta una linea di base >150 bpm è consigliato un monitoraggio più attento.

La principale causa di tachicardia fetale è l’iperpiressia materna. Quest’ultima può essere di origine extra-uterina oppure intra-uterina. Ad esempio l’analgesia epidurale può causare ipertermia e di conseguenza tachicardia fetale. All’inizio di uno stato di ipossiemia fetale non-acuta, la secrezione di catecolamine può risultare in tachicardia fetale. Altre cause meno frequenti sono l’uso di farmaci beta-agonisti, parasimpaticolitici e le aritmie fetali come la tachicardia sopraventricolare e il flutter atriale.

Bradicardia

Valore inferiore a 110 bpm per più di 10 minuti.

Valori compresi tra 100 e 110 bpm possono presentarsi anche in feti normali, specialmente se post-termine. Altre possibili cause sono l’ipotermia materna, la somministrazione di beta-bloccanti e aritmie fetali come il blocco atrio-ventricolare.

Variabilità

Si riferisce alle oscillazioni della frequenza cardiaca fetale, definita come la ampiezza media tra il picco più alto e quello più basso in un segmento pari ad un minuto di tracciato.

Variabilità normale – ampiezza compresa tra 5-25 bpm;

Variabilità ridotta – ampiezza inferiore a 5 bpm per più di 50 minuti;

Una variabilità ridotta può presentarsi per stati di ipossia/acidosi del Sistema Nervoso Centrale con conseguente depressione dell’attività del Sistema Simpatico e Parasimpatico; ma può anche essere causata da pre-esistenti danni cerebrali fetali, infezioni, farmaci con effetto inibitore sul Sistema Nervoso Centrale o parasimpaticolitici. Durante il sonno profondo fetale la variabilità è solitamente ai limiti inferiori di norma, ma l’ampiezza media tra il picco più alto e quello più basso è raramente inferiore a 5 bpm. Si ricorda che durante la notte si può osservare una variabilità ridotta per oltre 50 minuti senza che questa sia espressione di patologia fetale.

La valutazione di questo parametro è soggetta ad un alto grado di variabilità inter-operatore, quindi si raccomanda di rivalutare con attenzione il tracciato in caso di risultato borderline. È improbabile che la variabilità ridotta a causa di ipossia fetale si presenti in travaglio senza precedenti o concomitanti decelerazioni e aumento nella frequenza della linea di base dopo un tratto iniziale di CTG normale.

Variabilità aumentata (pattern saltatorio) – un valore di ampiezza superiore a 25 bpm per più di 30 minuti;

La fisiopatologia di questo pattern non è completamente compresa, ma si può presentare associata a decelerazioni ricorrenti quando lo stato di ipossia/acidosi fetale evolve rapidamente. Si presume sia causata da instabilità/iperattività del Sistema Autonomo fetale, altra possibile causa è l’aumento di produzione endogena di catecolamine da parte di una madre ansiosa o stressata, in questo caso l’intervento tranquillizzante degli operatori può risolvere il pattern saltatorio.

Accelerazioni

Sono costituite da improvviso aumento della frequenza cardiaca fetale sopra la linea di base (picco in elevazione in meno di 30 secondi), maggiore di 15 bpm in altezza, della durata superiore a 15 secondi ma inferiore a 10 minuti, con successivo ritorno alla linea di base.

La maggior parte delle accelerazioni coincidono con i movimenti attivi fetali (MAF) e rappresentano un segno di reattività neurologica fetale, che esclude l’ipossia/acidosi fetale. Prima di 32 settimane di età gestazionale la loro ampiezza e frequenza può essere più bassa (10 secondi e 10 bpm di ampiezza).

Dopo 32-34 settimane di età gestazionale compaiono gli stati comportamentali fetali; durante i periodi di sonno profondo, che possono durare fino a 50 minuti16, le accelerazioni raramente si verificano. L’assenza di accelerazioni in un tracciato altrimenti normale in travaglio è di significato incerto, ma è improbabile che sia espressione di ipossia/acidosi fetale.

Decelerazioni

Riduzione della frequenza cardiaca fetale sotto la linea di base, maggiore di 15 bpm di ampiezza e della durata superiore a 15 secondi.

Decelerazioni precoci: decelerazioni poco profonde, di breve durata, con variabilità conservata al loro interno e sincrone con la contrazione uterina. Si ritiene che siano causate dalla compressione della testa fetale20 e non indichino ipossia/acidosi fetale;

Decelerazioni variabili: decelerazioni caratterizzate da un rapido calo (tempo tra esordio e nadir inferiore a 30 secondi), buona variabilità all’interno della decelerazione, rapido ritorno alla linea di base; variano in dimensioni, forma e rapporto con le contrazioni;

Le decelerazioni variabili costituiscono la maggior parte delle decelerazioni che si verificano durante il travaglio, e riflettono una reazione barorecettore- mediata alla aumentata pressione arteriosa fetale, come accade durante la compressione del cordone ombelicale. Sono raramente associate ad ipossia/acidosi fetale di grado severo, finché non sviluppano caratteristiche peggiorative come la forma a U, la ridotta variabilità della decelerazione (vedi sotto, decelerazioni tardive) e/ola loro durata supera i 3 minuti per singola decelerazione- (vedi oltre, decelerazioni prolungate).

In assoluto, i parametri più importanti da prendere in considerazione in presenza di decelerazioni variabili sono: la frequenza della linea di base, la variabilità della linea di base, la variabilità all’interno della decelerazione, la ripetitività ed il rapporto con la contrazione.

Quando le decelerazioni variabili sono ripetitive, per tempi prolungati, aumenta la frequenza della linea di base, si riduce la variabilità ed il nadir della decelerazione è sempre ritardato rispetto alla contrazione, di fatto la decelerazione da variabile diventa tardiva e ne ha il medesimo significato.

Decelerazioni tardive: decelerazioni con inizio graduale e/o lento ritorno alla linea di base e/o ridotta variabilità all’interno della decelerazione;

L’inizio e il ritorno graduale alla linea di base sono definiti come un tempo superiore a 30 secondi tra inizio/fine della decelerazione ed il suo nadir. In un tracciato in cui le contrazioni uterine sono monitorate adeguatamente, le decelerazioni tardive iniziano dopo oltre 20 secondi dall’inizio della contrazione, il nadir segue l’acme della contrazione ed il ritorno alla linea di base si verifica dopo la fine della contrazione.

Queste decelerazioni sono indicative di risposta chemorecettore-mediata all’ipossia fetale.

Di fronte ad un tracciato con assenza di accelerazioni e ridotta variabilità, la definizione di decelerazione tardiva include anche quella di ampiezza di 10-15 bpm.

Decelerazioni prolungate: durano più di 3 minuti;

Sono probabilmente legate ad una risposta chemorecettoriale, quindi segnalano ipossiemia.

Le decelerazioni che superino i 5 minuti, con una frequenza cardiaca fetale fissa inferiore a 80 bpm e ridotta variabilità all’interno della decelerazione sono frequentemente associate a ipossia/ acidosi fetale acuta.

Pattern sinusoidale

Si tratta di un particolare pattern caratterizzato dal susseguirsi di oscillazioni regolari con un’ampiezza di 5-15 bpm e una frequenza di 3-5 cicli per minuto. Questo pattern dura più di 30 minuti e si verifica in assenza di accelerazioni.

La base fisiopatologica del pattern sinusoidale non è del tutto compresa; esso si verifica in caso di anemia fetale severa come nella alloimmunizzazione anti-D, emorragia feto-materna, sindrome da trasfusione gemello-gemello e rottura di vasa previa. È stato descritto anche in caso di ipossia fetale acuta, infezioni, malformazioni cardiache, idrocefalo e gastroschisi.

Pattern pseudo-sinusoidale

È un quadro cardiotocografico che assomiglia al pattern sinusoidale, ma ha un profi lo più seghettato piuttosto che ondulato. La sua durata raramente supera i 30 minuti ed è caratterizzato da tracciato normale prima e dopo il segmento d’attenzione. Questo pattern è stato descritto in seguito a somministrazione di terapia antalgica alla madre, e sembra correlato ai movimenti della bocca fetale tra cui il succhiare.

È a volte difficile distinguere il pattern sinusoidale da quello pseudo-sinusoidale; la breve durata del secondo è l’elemento distintivo più dirimente.

Stati comportamentali fetali

Riflettono l’alternarsi di periodi di quiete fetale che rappresentano il sonno profondo (assenza di movimenti degli occhi), a periodi di sonno attivo (presenza di movimenti rapidi degli occhi) e di veglia, che a sua volta può essere distinta in veglia quieta (simile ai periodi di sonno attivo) e veglia attiva, caratterizzata dalla presenza di numerosi MAF e accelerazioni.

Il riscontro dell’alternanza dei diversi stati comportamentali fetali è indice di reattività neurologica e assenza di ipossia/acidosi. Il sonno profondo può durare fi no a 50 minuti a termine di gestazione ed è caratterizzato da linea di base stabile, accelerazioni rare, variabilità borderline. Il sonno attivo è il più frequente stato comportamentale fetale ed è caratterizzato da un moderato numero di accelerazioni e variabilità normale. La veglia attiva è rara ed è caratterizzata da un grande numero di accelerazioni e variabilità normale. In quest’ultimo pattern le accelerazioni possono essere così frequenti da causare difficoltà nella definizione della linea di base. Il passaggio da un pattern all’altro diventa più evidente dopo 32-34 settimane di età gestazionale, in conseguenza alla maturazione del sistema nervoso centrale.

Interpretazione

Le anomalie riscontrabili all’AI sono elencate nella tabella 3. In caso di dubbi sulle caratteristiche della FCF, l’auscultazione dovrebbe essere prolungata per almeno tre contrazioni.

Una FCF inferiore ai 110 bpm per almeno 10 minuti, in caso di frequenza precedentemente nella norma, è fortemente suggestiva di una decelerazione prolungata o di una bradicardia fetale, e costituisce un’indicazione al monitoraggio cardiotocografico in continuo. Una FCF maggiore di 160 bpm per almeno tre contrazioni è fortemente suggestiva di tachicardia fetale e costituisce anch’essa un’indicazione al monitoraggio in continuo.

Talvolta, le decelerazioni possono essere associate alla postura supina materna, che causa una compressione aorto-cavale. La situazione potrebbe rapidamente migliorare cambiando posizione. Se con il cambio di posizione non si instaura una rapida normalizzazione, o se si rilevano decelerazioni prolungate o ripetitive, bisogna iniziare il monitoraggio in continuo.

Un intervallo tra due contrazioni inferiore a 2 minuti deve indurre al rilevamento della frequenza delle contrazioni uterine per almeno 10 minuti. Più di 5 contrazioni percepite in tale periodo di tempo rappresentano una tachisistolia. Questo costituisce un’altra indicazione alla cardiotocografia in continuo, almeno finché non si ristabilisca  una attività contrattile regolare.

Se la raccolta dei parametri elencati nella tabella 3 e le condizioni generali materne indicano il continuo benessere materno-fetale, l’AI può continuare ad essere utilizzata come tecnica di prima scelta

Classificazione cardiotocografica

 

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Dott.ssa Carmela Frattasio
Ostetrica

Azienda Ospedaliera Universitaria Luigi Vanvitelli
Clinica ostetrica