Che cos’è la cardiomiopatia dilatativa?

La Cardiomiopatia dilatativa è caratterizzata dalla presenza di una dilatazione e disfunzione sistolica (cioè della capacità contrattile) del ventricolo sinistro. 

Tra le forme principali ricordiamo:

  • forma familiare/genetica (anche detta primitiva), dovuta alla mutazione di proteine citoscheletriche, sarcomeriche o mitocondriali (ad esempio desmina, titina, actina, miosina);
  • forma legata a cause chimiche (etanolo, cocaina, farmaci chemioterapici come le antracicline); 
  • forma legata a cause fisiche (radioterapia per il trattamento di linfomi, neoplasie polmonari o metastasi);
  • forma legata a cause infettive, soprattutto virali;
  • forma legata a cause autoimmuni (lupus eritematoso sistemico, sclerodermia, dermatomiosite, sarcoidosi);
  • forma legata a patologie neuromuscolari (distrofie, atassia di Friedreich);
  • forma legata a tachiaritmie di lunga durata (tachicardiomiopatia);
  • forma legata alla gravidanza (cardiomiopatia peripartum). 

Tuttavia, nella maggior parte dei casi, la causa di tale patologia rimane sconosciuta e prende il nome di “cardiomiopatia dilatativa idiopatica”. 

Esiste però, un’altra causa responsabile di dilatazione e disfunzione ventricolare sinistra, l’ischemia del miocardio che non può essere annoverata tra la cause di “cardiomiopatia” in quanto la definizione della stessa prevede l’esclusione di disturbi come la malattia coronarica, le valvulopatie, l’ipertensione e le cardiopatie congenite.

Possiamo parlare in questo caso di “cardiopatia dilatatativa post-ischemica”.

 

Quali sono i sintomi della cardiomiopatia dilatativa?

I pazienti possono rimanere asintomatici per mesi o anche anni dopo la comparsa della dilatazione cardiaca, con eccezione della forma post-miocarditica che generalmente diviene sintomatica subito dopo la virosi. 

E’ interessante notare che alcune forme ad eziologia nota possono andare incontro a regressione spontanea in seguito alla correzione della causa sottostante (ad esempio nelle tachicardiomiopatie e nella cardiomiopatia alcolica).   

Dal punto di vista clinico, il quadro è caratterizzato dalla comparsa di scompenso cardiaco sistolico con dispnea, astenia, edemi degli arti inferiori ed epatomegalia. 

Diagnosi della Cardiomiopatia Dilatativa 

In presenza dei sintomi di una possibile cardiomiopatia dilatativa il medico può prescrivere i seguenti esami:

  • L’elettrocardiogramma o ECG che mostra reperti aspecifici tra cui blocco di branca sinistra, dilatazione atriale, fibrillazione atriale, tachicardia sinusale. 
  • La radiografia del torace che può evidenziare la cardiomegalia, cioè l’ingrossamento dell’ombra cardiaca, e la presenza di edema interstiziale e alveolare a livello dei polmoni. 
  • L’ecocardiografia o ecocolordopplercardiaco a riposo che rappresenta l’esame diagnostico fondamentale in quanto permette di osservare sia la dilatazione delle camere cardiache che la depressione della funzione contrattile ventricolare, in aggiunta alla valutazione dell’insufficienza valvolare mitralica e di eventuali trombi endocavitari. L’alterazione delle dimensioni e della contrattilità del ventricolo destro conduce ad una prognosi peggiore. 
  • Il test cardiopolmonare che è utile nel follow-up e nella valutazione prognostica del paziente in quanto fornisce informazioni relative alla compliance dell’apparato cardiovascolare in corso di esercizio fisico. 
  • La risonanza magnetica cardiaca che può essere utilizzata come esame diagnostico di secondo livello per lo studio tissutale del miocardio ventricolare, evidenziando eventuali aree di edema o fibrosi interstiziale e orientandoci sulla eziologia e sulla prognosi.
  • Ricordiamo infine, l’importanza dell’angiografia coronarica o coronarografia nell’esclusione della causa ischemica, soprattutto in presenza di fattori di rischio cardiovascolare come tabagismo, ipertensione, diabete mellito, dislipidemia.

Quale trattamento per la cardiomiopatia dilatativa?

Nella maggior parte dei casi i pazienti avanzano progressivamente verso l’insufficienza cardiaca. 

La mortalità legata a questa patologia può essere ricondotta a due cause principali: la comparsa di aritmie, più frequenti nelle prime fasi della malattia e lo scompenso sistolico refrattario che tende invece, a verificarsi nelle fasi finali. 

In particolare, sono le tachicardie ventricolari maligne, i blocchi di conduzione e la dissociazione elettromeccanica i principali responsabili della morte cardiaca improvvisa di questi pazienti. 

Impianto di defibrillatore: quando risulta necessario?

L’impianto, dunque, di dispositivi cardiaci come il defibrillatore ha permesso di ridurre notevolmente la mortalità. 

Non tutti i pazienti affetti da cardiomiopatia dilatativa, infatti, necessitano di tale dispositivo, il cui impianto non è scevro di complicanze. 

È necessario il riscontro di una frazione di eiezione (cioè della capacità del cuore di pompare sangue dal ventricolo sinistro nei grandi vasi) inferiore o uguale al 35% nonostante almeno tre mesi di terapia medica ottimizzata per porre indicazione all’impianto di un defibrillatore in prevenzione primaria o di una aritmia maligna pericolosa per la vita per l’impianto in prevenzione secondaria. 

Trattamento farmacologico

Occupiamoci adesso del trattamento farmacologico che rappresenta la base della terapia.  

Le tre classi di farmaci cardine in questa patologia sono i betabloccanti, gli ACE-inibitori e gli antialdosteronici:

  • i primi si sono dimostrati utili nella riduzione della frequenza e del lavoro cardiaco, nell’abbassamento del rischio aritmico e di conseguenza, nel miglioramento della prognosi dei pazienti affetti da cardiomiopatia dilatativa; 
  • gli ACE-inibitori sono efficaci nel rimodellamento cardiaco;
  • gli antialdosteronici favoriscono l’eliminazione di sodio e acqua attraverso il filtro renale. I diuretici come la furosemide svolgono un importante effetto sintomatico, alleviando la dispnea e riducendo gli effetti del sovraccarico di liquidi. 

Infine, ricordiamo il ruolo assunto negli ultimi anni da un farmaco derivante dall’associazione di due principi attivi ed appartenente alla classe degli ARNI: l’Entresto nome commerciale del Sacubitril/Valsartan, la cui efficacia è stata dimostrata in diversi studi clinici in termini di riduzione delle cause di morte per insufficienza cardiaca e del numero di ospedalizzazioni. 

Attenzione però alle controindicazioni legate alla somministrazione di tale farmaco: ipotensione arteriosa, alterata funzionalità renale e disturbi elettrolitici (iperpotassiemia).

Come prevenire la cardiomiopatia dilatativa?

La cardiomiopatia dilatativa nella sua forma idiopatica non può essere prevenuta in senso stretto. Tuttavia normali controlli cardiologico, anche in giovane età, possono slatentizzare le sue caratteristiche iniziali. 

 

Nelle forme ad eziologia nota, la migliore prevenzione è l’eliminazione dei fattori scatenanti tra le  proprie abitudini. In tal senso appare emblematico il caso della cardiopatia dilatativa post-ischemica. Come abbiamo detto non è una cardiomiopatia in senso stretto, ma la dilatazione del ventricolo sinistro nel paziente ischemico ci aiuta nel semplificare il concetto di prevenzione. Ridurre o eliminare i fattori di rischio modificabili per patologie cardiovascolari (ipercolesterolemia, controllo glicemico, fumo e sedentarietà) certamente riducono l’evenienza di ischemia cardiaca e con essa la possibile progressione a forme secondarie di dilatazione del ventricolo sinistro. 

Contatta l’esperto in merito a questo argomento.

 

Dott. Augusto Esposito
Cardiologo

Dipartimento Cardiotoracico – U.O.C. Cardiologia diagnostica ed interventistica.                          Ospedale del Cuore – G.Pasquinucci.                                                                                                          Massa (Toscana).                                                                                                                                Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali
CCMR Regione Campania
AORN Monaldi Napoli.