La storia

Arabica, brasiliano, macchiato, schackerato, tazza calda, in vetro e così via.

Chiunque stia leggendo questo articolo avrà pensato qualcosa di diverso, avrà sicuramente pensato alla Moka fumante della nonna o alla moderna macchina a cialde, avrà pensato al chicco di caffè o a quello solubile, ma sicuramente leggendo la parola “caffè” si accende la fantasia di ognuno di noi, anche di chi non è un vero appassionato. Il caffè, dopo l’acqua, è la bevanda più diffusa al mondo ed affonda le proprie origini nel mito.

 

Pillola di Cardiologia Oggi

Le pecore impazzite


Diverse sono le leggende correlate alla scoperta di questa bevanda. Una tra le più simpatiche narra che migliaia di anni fa, in un altopiano etiope, un gruppo di pastori dovette rivolgersi ai sacerdoti del tempio per cercare di domare le proprie pecore che erano nervose, non volevano più dormire e partivano a testa bassa contro chiunque si avvicinasse e lo incornavano. Il più anziano saggio del tempio chiese pertanto se avessero cambiato pascolo ed effettivamente i pastori notarono che le pecore stavano mangiando i semi e le foglioline di questa piante a loro sconosciute. I monaci pertanto provarono in vari modi a preparare degli infusi che, risultando effettivamente energizzanti, presero il nome di kahweh, “ciò che eccita”.

Nella cultura italiana, ma soprattutto in quella meridionale e napoletana, il caffè è la bevanda che accompagna ogni pausa. Si può essere impegnati quanto si vuole, ma si trova sempre il tempo per un bel caffè fumante. Molto spesso è proprio l’aspetto “sociale” di questa bevanda a renderne difficile la rinuncia.

 

Ma è proprio necessario rinunciare al caffè per i pazienti cardiopatici?

Nella cultura popolare il caffè è probabilmente visto come “nemico del cuore” ma è in grado di  aumentare il rischio delle patologie cardiovascolari?

Sono molti i pazienti che a fine visita ci chiedono se possono continuare a prendere “‘na tazzulell ‘e cafè”. La risposta probabilmente è meno netta di quello che ci si aspetta.

 

Proprietà del caffè

La caffeina è la sostanza che maggiormente caratterizza gli effetti psichici del caffè, ben noti a chiunque di noi abbia dovuto affrontare una dura notte di studio o di lavoro. Essa si comporta come antagonista dell’adenosina, un mediatore endogeno dagli effetti rilassanti sia sul sistema nervoso che sulla muscolatura cardiaca e periferica. Pertanto, la caffeina tende ad aumentare la capacità di concentrazione, il metabolismo muscolare ed il tono adrenergico riducendo invece la percezione della fatica.

 

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La caffeina era inserita nell’elenco delle sostanze dopanti della WADA (World Anti-Doping Agency) fino al 2004. In seguito, è stata rimossa, non perché non favorisca le prestazioni sportive, ma perché risultava difficile distinguerne l’utilizzo come sostanza dopante dal consumo abituale.

 

Nonostante l’effetto tachicardizzante ed ipertensivante, numerose metanalisi hanno dimostrato che il caffè non aumenta la mortalità cardiovascolare, anzi a dosi moderate, sembra addirittura esercitare effetti protettivi sul sistema cardiovascolare. Pertanto, gli studiosi hanno posto l’attenzione su altre sostanze contenute nel caffè. Tra queste i polifenoli, come dimostrato da diversi studi, l’ultimo dei quali pubblicato qualche giorno fa su Archives of Biochemistry and Biophysics, sembrano avere un effetto antiossidante che abbassa il rischio di aterosclerosi del paziente. Secondo la teoria ossidativa dell’aterosclerosi infatti, l’ossidazione del colesterolo LDL è il primo passo del processo e l’azione esercitata dai polifenoli, potrebbe interferire proprio a questo livello con la cascata aterogenica. Inoltre, gli acidi clorogenici, contenuti in maggiori quantità nei caffè a tostatura leggera, sembrano svolgere un’azione antiaterogena interferendo con la via delle ossilipine.

Va detto però che alcuni studi suggeriscono invece che il consumo di caffè sia associato con un incremento dei livelli medi di colesterolo e pertanto con un aumentato rischio di aterosclerosi e conseguentemente delle patologie cardiovascolari. Tuttavia, gli stessi studi precisano che questi effetti si esplicano soprattutto per caffè preparato mediante bollitura dei semi (usanza diffusa nei paesi scandinavi) e per livelli di consumo molto alti. Viene inoltre riconosciuto un ruolo antiossidante al caffè che sicuramente protegge dallo sviluppo di Diabete Mellito di tipo 2 che, come sappiamo, è un fortissimo fattore di rischio cardiovascolare.

Altro aspetto importante da sottolineare è la relazione tra consumo di caffè e pressione arteriosa. Numerosi studi sono stati condotti per cercare di fare chiarezza sull’argomento con risultati talora discordanti. Tuttavia, una metanalisi pubblicata su The American Journal of Clinical Nutrition, sembra fare chiarezza sull’argomento. Si evince infatti che il consumo di caffè abbia un effetto dicotomico sulla pressione arteriosa. Se per le prime tre ore post-assunzione si osserva infatti un lieve aumento dei valori pressori, tale aumento non è riscontrabile nei consumatori abituali. Inoltre, la relazione tra consumo cronico di caffè e rischio cardiovascolare sembra essere di tipo non lineare con un rischio addirittura minore per i consumatori di grado moderato (da 3 a 5 tazzine al giorno) rispetto ai non consumatori o ai “caffeinomani”.

Il nostro consiglio

Abbiamo visto che nel momento in cui si assume la famosa “tazzulell ‘e cafè” si ha un incremento dell’eccitabilità cardiaca, un aumento del tono adrenergico ed un incremento della pressione arteriosa. Questi effetti possono essere pericolosi in determinate circostanze come ad esempio nel periodo postinfartuale. Sul lungo periodo però, un consumo moderato di caffè può avere addirittura effetti benefici sul nostro sistema cardiovascolare, senza dimenticare il valore sociale di cui già abbiamo discusso. Pertanto, nei pazienti emodinamicamente stabili, un consumo moderato di caffè può essere senz’altro consentito!

 

 

Contatta l’esperto in merito a questo argomento

 

 

Dott. Silvio Coletta

AIF in Malattie dell’apparato cardiovascolare

Università degli studi della Campania “Luigi Vanvitelli”

 

Dott. Mario Crisci

Specialista in Cardiologia

AORN dei Colli – Ospedale Monaldi