Arresto cardiaco: cos’è e quali sono i soggetti a rischio

Larresto cardiaco o morte improvvisa è un evento caratterizzato da un’improvvisa perdita di coscienza che si verifica entro un’ora dall’insorgenza dei sintomi, in soggetti con cardiopatia preesistente o meno; se non trattata tempestivamente può anche portare alla morte. 

L’arresto cardiaco improvviso si verifica a causa di un’aritmia quando il cuore batte ad un ritmo così elevato da cominciare a vibrare, cessando di pompare il sangue al corpo e al cervello in maniera efficace. 

La maggior parte delle persone colpite da arresto cardiaco improvviso muore, spesso entro pochi minuti. 

Un intervento tempestivo mediante rianimazione cardiopolmonare (RCP) e defibrillatore (un dispositivo che invia una scossa elettrica al cuore) può salvare la vita.  

I soggetti esposti ad un maggiore rischio di arresto cardiaco improvviso, sono quelli che:

  • hanno già avuto un infarto miocardico;
  • soffrono di scompenso cardiaco (funzione di pompa cardiaca inadeguata);
  • hanno già avuto un precedente arresto cardiaco improvviso;
  • hanno una storia familiare di arresto cardiaco improvviso;
  • hanno una bassa frazione di eiezione cardiaca, ossia la percentuale di sangue pompata dal cuore ad ogni contrazione. Essa è spesso monitorata dai medici per stabilire se il cuore funziona in maniera adeguata.

Defibrillatore impiantabile endocavitario: cos’è e come funziona

L’incidenza dell’arresto cardiaco è di 1 caso per ogni 1000 abitanti e si stima che in Italia ci siano 50 mila decessi ogni anno, di cui l’80% causati dalla cardiopatia ischemica

Oggi giorno, grazie all’innovazione tecnologica l’arresto cardiaco si può prevenire con il defibrillatore automatico impiantabile (AICD o ICD): un moderno dispositivo elettronico che ha le dimensioni di un orologio da taschino e pesa circa 95 grammi. 

Questo strumento è composto da: 

  • generatore di impulsi (cassa) che rappresenta il “cervello” del dispositivo. Il defibrillatore funziona a batteria e attraverso algoritmi specifici, monitora il battito cardiaco ed eroga le terapie necessarie;
  • elettrocateteri, cioè i fili che mettono in comunicazione il tessuto cardiaco con il generatore. Possono essere considerati come gli “occhi” e le “mani” del dispositivo.

Attraverso questi, il defibrillatore sente il ritmo cardiaco ed agisce di conseguenza erogando diversi tipi di terapie a seconda del ritmo cardiaco: 

  • se il battito è troppo lento, genera impulsi per portarli a valori ottimali;
  • se il battito è troppo veloce, eroga un treno di impulsi ad alta frequenza denominati ATP o direttamente una scarica elettrica. 

Diverse tipologie di defibrillatori 

Esistono tre diversi tipi di defibrillatori a seconda del numero di cateteri o fili che vengono impiantati all’interno del cuore: 

  • AICD monocamerale se viene impiantato un solo catetere in ventricolo destro;
  • AICD bicamerale se ne impiantano due, uno in atrio destro e l’altro in ventricolo destro;
  • defibrillatore resincronizzatore (CRT), un dispositivo a tre fili dove i primi due sono posizionati in maniera standard e il terzo direttamente sul ventricolo sinistro. 

Quest’ultimo dispositivo viene usato non solo per la prevenzione della morte improvvisa ma anche per il trattamento dello scompenso cardiaco. 

L’ intervento richiede un ricovero in ambiente ospedaliero di almeno 2 notti.

Il giorno prima dell’intervento bisogna:

  • effettuare un prelievo ematico al fine di escludere infezioni in atto, stato di anemia o altre patologie che potrebbero compromettere l’ intervento.
  • richiedere dopo opportuna discussione con il medico, la firma del Consenso informato”, come autorizzazione a procedere all’ impianto. 
  • effettuare (se necessario) una depilazione della regione prepettorale sinistra e una pulizia regionale con una soluzione antisettica come per esempio il betadine .

La mattina dell’intervento bisogna:

  • essere a digiuno da almeno 12 ore.
  • Somministrare ( un’ora prima dell’intervento) una dose di antibiotico per via endovenosa, al fine di ridurre al minimo il rischio di complicanze infettive.

Intervento chirurgico: tecnica, complicanze e follow-up

La procedura di impianto viene effettuata in una sala operatoria dedicata, in anestesia locale e sotto guida fluoroscopica, con l’ausilio dei raggi X

I cateteri vengono introdotti per via transvenosa, utilizzando la vena succlavia sinistra (o destra se necessario, scelta che oltre ad essere a discrezione dell’operatore, spesso è data anche dalle condizioni anatomiche dei vasi sanguigni del paziente). 

Il numero dei cateteri introdotti dipende dalle indicazioni poste per l’impianto quindi, dalla patologia del paziente. Il generatore viene posizionato solitamente sottocute in zona sottoclaveare sinistra (o destra), dopo aver praticato un’incisione della cute di 2/3 cm e aver creato una tasca di alloggiamento fra la cute e il piano muscolare. 

La durata dell’intervento va dai 45 minuti alle 2 ore, a seconda del numero dei cateteri da posizionare e dal fatto che gli impianti di defibrillatore biventricolare richiedono la ricerca del vaso target per il posizionamento del catetere in seno coronarico. 

Al termine dell’intervento, si procede alla programmazione del dispositivo in base alla patologia del paziente. 

Le possibili complicanze vanno dall’ematoma della tasca (più frequente se il paziente assume antiaggreganti o anticoagulanti), trombosi o flebite dell’arto superiore relativo al lato dell’impianto; pneumotorace in caso di puntura accidentale della cupola pleurica nel momento di puntura della vena succlavia, versamento pericardico o tamponamento (dovuta a perforazione di una parete cardiaca che si può verificare durante il posizionamento dei cateteri; evento estremamente raro), infezioni che possono richiedere la revisione del sistema fino all’estrazione dei cateteri; infine, dislocazione del catetere (di solito nei primi giorni) o rottura del catetere (da trauma).

Dopo l’impianto si richiede una immobilizzazione a letto per circa 24 ore, per ridurre al minimo la possibilità di dislocazione dei cateteri. 

La dimissione avviene dopo ulteriori 24 ore. Inoltre, alla dimissione al paziente viene consegnato un tesserino di identificazione per indicare che si è portatori di AICD ed un sistema di monitoraggio remoto che mette in comunicazione sempre in remoto il paziente con la struttura ospedaliera che ha effettuato l’impianto.

Generalmente la prima visita di follow up ha luogo dopo un mese dall’impianto, nel corso della quale il medico verificherà il corretto funzionamento dell’AICD mediante l’ausilio di programmatori dedicati che raccolgono tutte le informazioni del dispositivo. I successivi controlli avranno una cadenza semestrale se non si verificano anomalie funzionali. 

Vivere con un defibrillatore: quali limitazioni

Grazie ai notevoli progressi tecnologici degli ultimi anni, i pazienti portatori di defibrillatore possono condurre una vita assolutamente normale, senza particolari limitazioni. 

Esistono tuttavia alcuni comportamenti da evitare:

  • Attività sessuale. E’ possibile riprendere l’attività sessuale dopo avere concluso il periodo di convalescenza. 
  • Sollevamento pesi. Si sconsiglia, soprattutto nel primo mese, di sollevare il braccio sinistro oltre i 90° (ad es. come a voler prendere oggetti su uno scaffale, preferire l’altro braccio) al fine di evitare trazione e dislocamento degli elettrocateteri.
  • Attività fisica e sport. Previa consultazione con il proprio medico, è possibile effettuare attività sportiva come nuoto o bicicletta (sempre accompagnati). Gli sport più pericolosi quali alpinismo, immersioni subacquee dovrebbero invece, essere evitati in quanto la tendenza alla tachiaritmia comporta il rischio di perdita di coscienza improvvisa. Le immersioni subacquee sono inoltre, controindicate per i pazienti portatori di ICD a causa del carico di compressione che comportano. Sarà buona norma evitare tutte quelle attività fisiche violente che prevedono traumi, urti o scontri, condizioni che possono potenzialmente danneggiare i cateteri o il generatore.
  • Viaggi. E’ possibile viaggiare senza limitazioni, basta qualche accorgimento ed il benestare del medico.
  • Sistemi di sicurezza aeroportuali, banche o uffici postali. Prima di attraversare il varco di sicurezza si consiglia di informare il personale di sorveglianza di essere portatore di AICD mostrando il tesserino di identificazione.  Si consiglia di attraversare il varco lentamente, avendo cura di allontanarsi in caso di malessere e/o accelerazione della frequenza cardiaca. 
  • Guidare autoveicoli. E’ possibile riprendere la guida dopo almeno una settimana dell’impianto. Essere portatore di AICD non esula dall’obbligo di indossare la cintura di sicurezza durante la guida. Il rischio che la cintura di sicurezza possa danneggiare il generatore è assolutamente trascurabile.
  • Esecuzione di TAC, radiografie o altri sistemi diagnostici che prevedono raggi X o ultrasuoni (ecografie): non sono previste limitazioni.
  • Tecar terapia o altre metodiche a generazione di calore: nessuna limitazione, evitare apposizione diretta sulla cassa del generatore.
  • Risonanza Magnetica. Molti dei moderni defibrillatori sono risonanza magnetica compatibili. Tale compatibilità non è assoluta, pertanto è bene consultare il proprio cardiologo di fiducia per la verifica della compatibilità tra il tipo di defibrillatore ed il tipo di risonanza magnetica che si intende praticare. 
  • Campi magnetici esterni. Nella maggior parte dei casi, i campi energetici elettromagnetici generati dai comuni dispositivi elettrici sono limitati, deboli e non influiscono sul funzionamento del dispositivo cardiaco. 
  • Procedure odontoiatriche. Sono ammesse senza alcun tipo di precauzione procedure ortodontiche che prevedono l’utilizzo di trapani o sonde ad ultrasuoni per l’igiene orale e radiografie del cavo orale.

I seguenti apparecchi possono essere usati, ma NON devono essere posizionati direttamente sopra il defibrillatore:

  • apparecchi per la riproduzione musicale (almeno 3 cm di distanza tra cuffietta auricolare e impianto);
  • apparecchi portatili per massaggi;
  • piccoli magneti, per fissare targhette o pin;
  • tablet elettronici (magneti per fissare l’involucro).

Dai seguenti apparecchi si dovrebbe mantenere una distanza di almeno 15 cm:

  • apparecchi elettrici con un piccolo motore (trapani e seghe);
  • attrezzi elettrici da giardino (tosaerba, soffiatori);
  • casse acustiche;
  • telecomandi, per esempio per il controllo degli aeromodelli.

Con questi apparecchi invece, si dovrebbe mantenere una distanza minima di 70–100 cm, oppure evitare di utilizzarli:

  • bobine di accensione di motori in moto, per esempio nelle auto;
  • motori a combustione interna con candele di accensione; 
  • saldatrici ad arco elettrico: mantenga una distanza di sicurezza di almeno 1 metro; 
  • apparecchi elettrici con campi elettrici intensi;
  • macchine che producono forti vibrazioni (martello pneumatico, trapani ecc.).

Molte altre procedure mediche NON possono essere eseguite a causa di potenziali problemi di interferenza del dispositivo:

  • litotripsia (frantumazione dei calcoli renali);
  • trattamento diatermico;
  • stimolazione nervosa elettrica transcutanea (TENS);
  • elettrocauterizzazione (bisturi elettrico);
  • terapia ad alte frequenze o con onde corte;
  • circuiti di trasmissione per apparecchi acustici.

Erogazione dello shock elettrico: considerazioni

Le persone avvertono lo shock in modo diverso. Alcuni pazienti possono addirittura non rendersene conto (spesso perché l’evento è notturno oppure si è svenuti prima dell’erogazione), altri possono provare una lieve sensazione, altri ancora lo descrivono come un calcio al petto o un lampo di luce che viene dall’interno. 

Per quanto possa essere fastidioso e per alcuni drammatico, ricevere uno shock, di contro questo indica che la risposta dell’ICD ad un disturbo molto pericoloso del ritmo cardiaco probabilmente gli ha salvato la vita. 

Se una persona tocca il torace o la schiena del paziente nel momento in cui viene erogato lo shock, sentirà probabilmente un debole formicolio elettrico, assolutamente indolore ed innocuo.

Quanto dura la batteria di un defibrillatore impiantabile?

La durata di un defibrillatore è molto variabile, dipende essenzialmente dalla frequenza di utilizzo e dai parametri elettrici di stimolazione.  

In linea di massima, la sua durata va dai 7 ai 10 anni.  In caso di scarica bisogna ricorrere alla sostituzione chirurgica del solo generatore, senza alcun tipo di intervento sui cateteri. 

Tale intervento è molto più rapido (in media 30 minuti) e tollerato rispetto al precedente, infatti non richiede allettamento e immobilizzazione post impianto. 

La sostituzione del AICD viene effettuata in regime di ricovero mediante un’incisione della pelle in corrispondenza del vecchio dispositivo. Si procede con l’estrazione del generatore e l’impianto del nuovo dispositivo che verrà collocato nella tasca sottocutanea. 

Gli elettrocateteri vengono sostituiti solo se mostrano qualche segno di malfunzionamento.

Contatta l’ esperto in merito a questo argomento.

 

Dott. Ernesto Ammendola
Cardiologo Aritmologo 

Esperto in diagnosi e terapia dei disturbi del ritmo cardiaco
U.O.S.D. Scompenso cardiaco e cardiologia riabilitativa
AORN dei Colli – Ospedale Monaldi
Napoli