Cos’è la morte cardiaca improvvisa?

La morte cardiaca improvvisa o  Sudden Cardiac Death (SCD) è un evento fatale, inatteso e non traumatico che si verifica entro un’ora dall’esordio dei sintomi in un soggetto apparentemente sano.

Nonostante i numerosi progressi compiuti nel trattamento delle malattie cardiovascolari, la molteplicità dei fattori che concorre a determinarne la comparsa rende ancora oggi  la morte cardiaca improvvisa un evento di difficile gestione nella pratica clinica.

Scopriamo quali sono le cause e le misure di prevenzione da adottare.

Quali sono le cause della morte cardiaca improvvisa?

La patologia più frequentemente responsabile della morte cardiaca improvvisa è la cardiopatia ischemica.

Tuttavia le cause vanno ricercate in base all’età del paziente: nei giovani prevalgono le canalopatie (Sindrome di Brugada ed alterazioni del QT), le cardiomiopatie, le miocarditi e l’abuso di stupefacenti; negli adulti invece risultano più frequenti le coronaropatie, le valvulopatie (stenosi aortica severa, prolasso valvolare mitralico), lo scompenso cardiaco e le aortopatie ( aneurisma, coartazione, dissezione aortica).

Non sempre, purtroppo, è possibile determinare la causa con certezza.

La morte cardiaca improvvisa può colpire anche giovani atleti: l’attività fisica ed in particolare l’esercizio intenso possono rappresentare un trigger per la comparsa di aritmie fatali e favorire il peggioramento di patologie cardiache strutturali e genetiche  misconosciute. 

E’ opportuno sottoporre tutte le vittime ad un accurato esame autoptico e, qualora venga identificata una malattia ereditaria nell’individuo deceduto, effettuare uno screening nei familiari.

In aggiunta all’autopsia è buona norma eseguire l’analisi del DNA, in modo da consentire la diagnosi di canalopatie ereditarie in quanto possibili responsabili di morte improvvisa aritmica.

In tal modo, possono essere anche identificati i familiari con genotipo positivo (portatori del gene mutato) e fenotipo negativo (asintomatici). 

Sintomi e segni clinici

La perdita di coscienza rappresenta il segno principale della morte cardiaca improvvisa.

Talvolta è possibile riscontrare la comparsa di sintomi premonitori quali dolore toracico, sudorazione fredda, nausea e vomito, cardiopalmo ,difficoltà respiratorie e agitazione. 

È possibile predire il rischio di morte improvvisa? 

Poiché nel 50% dei casi la morte improvvisa si verifica in assenza di cardiopatia nota ma come conseguenza di una cardiopatia ischemica silente, è importante quantificare nella popolazione il rischio cardiovascolare individuale a partire da fattori quali tabagismo, ipertensione arteriosa, dislipidemia e diabete mellito.

Non esistono dunque raccomandazioni specifiche per lo screening della popolazione generale, fatta eccezione per gli atleti che necessitano di controlli più stringenti.

Nei pazienti affetti da cardiopatia nota (ad esempio pregresso infarto del miocardio o scompenso cardiaco),  il principale indicatore di rischio è la frazione di eiezione, parametro in grado di valutare la capacità del cuore di pompare sangue in periferia. Nonostante i limiti legati alla sua quantizzazione e riproducibilità tramite ecocardiografia è questo il parametro utilizzato per porre indicazione all’impianto del defibrillatore nella prevenzione primaria della morte improvvisa.

In alcune patologie specifiche possiamo avvalerci di veri e propri score di rischio come accade nella cardiomiopatia ipertrofica, in cui è possibile calcolare il rischio di morte a 5 anni tenendo conto di alcuni fattori tra i quali l’età, lo spessore massimo della parete ventricolare, la storia familiare, la comparsa di sincope. In tal modo anche in questo caso è possibile porre indicazione all’impianto del defibrillatore.

Nei pazienti con aritmia ventricolare sospetta o documentata che lamentano sintomi quali palpitazioni, presincope o sincope è necessario effettuare innanzitutto un elettrocardiogramma ed un attento esame ecocardiografico, per valutare la funzione ventricolare sinistra e la presenza di alterazioni strutturali cardiache.

Successivamente può essere eseguito un test da sforzo, utile sia nella diagnosi di aritmie ventricolari indotte dall’esercizio, sia nella valutazione della risposta alla terapia farmacologica.

Ricordiamo che una sincope che si verifica sotto sforzo fisico o in posizione seduta deve sempre indurre a sospettare una causa cardiaca, mentre altri eventi situazionali possono suggerire una eziologia vaso-vagale o uno stato ipotensivo.

Esistono poi esami invasivi come la coronarografia, finalizzata alla diagnosi e al trattamento della patologia coronarica. 

La risonanza magnetica cardiaca, infine, sta acquisendo un’importanza sempre maggiore nell’individuazione e caratterizzazione del substrato aritmogeno miocardico, soprattutto nei pazienti in cui gli esami strumentali sopra descritti non risultano risolutivi ai fini della diagnosi. La RMN infatti non solo è in grado di quantificare in modo accurato e riproducibile la funzione biventricolare, ma fornisce informazioni relative alla presenza di anomalie strutturali come l’edema e la fibrosi miocardica.

L’approccio adottato nei familiari di primo grado delle vittime è basato su una scrupolosa anamnesi personale e familiare focalizzata sulle patologie cardiache, sulle circostanze della morte e sull’eventuale comparsa di sintomi premonitori nell’individuo deceduto.

Successivamente, viene eseguito un elettrocardiogramma in condizioni di riposo ed un Ecg dinamico secondo Holter (monitoraggio del ritmo cardiaco per 24 ore), seguiti da un ecocardiogramma. Di fondamentale importanza è infine l’indagine molecolare mirata e la consulenza genetica nel caso in cui si sospetti una patologia ereditaria.  

Terapia farmacologica e dispositivi cardiaci impiantabili

Il trattamento ottimale della patologia di base e dei suoi fattori di rischio rappresenta il cardine della prevenzione della morte improvvisa.

La principale classe di farmaci utilizzati a questo scopo è rappresentata dai betabloccanti.

A questi può essere associato l’uso di farmaci antiaritmici, prestando estrema cautela in quanto non scevri da effetti collaterali e controindicati in alcune specifiche patologie.

Oltre alla terapia farmacologica, la prevenzione della morte cardiaca improvvisa si basa sull’uso di dispositivi impiantabili.

Il defibrillatore o ICD viene impiantato per via transvenosa ed i suoi elettrocateteri vengono posizionati nelle cavità destre del cuore con la funzione sia di stimolazione che di defibrillazione.

Questa terapia si è dimostrata efficace nei pazienti ad alto rischio, pur non essendo priva di complicanze (ad esempio aumento del rischio di infezioni ed erogazione di shock inappropriati). 

Defibrillatore sottocutaneo: la nuova frontiera

I problemi connessi con l’accesso venoso alle camere cardiache e le complicanze ricorrenti correlate agli elettrocateteri transvenosi hanno portato allo sviluppo di un defibrillatore sottocutaneo, in cui gli elettrocateteri sono appunto impiantati interamente per via sottocutanea.

Questo tipo di dispositivo si è dimostrato efficace nel prevenire la morte improvvisa, abbassando per altro il rischio di infezione del paziente. Non risulta tuttavia indicato in coloro che necessitano di stimolazione cardiaca antibradicardica.

 Contatta l’esperto in merito a questo argomento.

 

Dott. Federica Verrillo
Cardiologo in Formazione

Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali
Malattie dell’Apparato Cardiovascolare
Università della Campania Luigi Vanvitelli
AORN Monaldi Napoli – AORN Sant’Anna e San Sebastiano Caserta

 

Revisione a cura del: Prof. Giuseppe Limongelli
                                      Professore associato 

Unità di Malattie genetiche e Rare Cardiovascolari
Università della Campania “Luigi Vanvitelli”,
AORN Colli, Ospedale Monaldi, Napoli, Italia
Institute of Cardiovascular Sciences,
University College of London, London, UK