Il diabete mellito (DM), comunemente definito diabete, è una patologia metabolica che si manifesta con un aumento delle concentrazioni ematiche di glucosio (iperglicemia).

La causa consiste in un deficit assoluto/parziale di secrezione insulinica, o da una ridotta risposta all’azione dell’insulina a livello degli organi bersaglio (insulino-resistenza), o da una combinazione dei due difetti.

L’insulina è un ormone secreto dalle isole di Langherhans del pancreas ed è fondamentale per il metabolismo degli zuccheri. Tutti gli zuccheri semplici e complessi, denominati amidi, vengono assunti con l’alimentazione e, trasformati in glucosio, vengono utilizzati come fonte di energia dai i muscoli ed organi.

Affinché il glucosio possa entrare nelle cellule ed essere utilizzato come “energia”, è necessaria la presenza dell’insulina. Se questo meccanismo è alterato, il glucosio si accumula nel sangue, dando luogo a una situazione di iperglicemia.

Viene considerata in medicina come una patologia cronica a più ampia diffusione e attualmente, in particolare nei Paesi industrializzati, costituisce una delle più rilevanti e costose malattie sociali della nostra epoca, soprattutto per il suo carattere di cronicità, per la tendenza a determinare complicanze nel lungo periodo e per il progressivo spostamento dell’insorgenza verso età giovanili.

Per una corretta prevenzione e cura è necessario il coinvolgimento di un Team che comprende Medici di Medicina Generale, Pediatri, altri specialisti, Infermieri e Nutrizionisti al fine di assicurare un’assistenza integrata e completa che raggiunga un elevata efficacia, nella cura e nell’assistenza, e un efficienza degli interventi nel rispetto della razionalizzazione della spesa.

Come viene classificato il diabete?

Ci sono diverse forme di Diabete che vengono classificate in base alla causa fisiopatologica, i segni ed i sintomi:

  • Diabete di tipo 1: definito anche “Diabete Giovanile” per la sua insorgenza in età giovanile, è causato dalla distruzione delle cellule beta, su base autoimmune o idiopatica per cui i pazienti affetti da questo disturbo sono insulino-dipendenti;
  • Diabete di tipo 2: definito anche “Diabete Mellito”, è causato da un deficit parziale di secrezione insulinica o da una resistenza alla sua azione provocata da multiple alterazioni genetiche e fattori acquisiti (ambientali);
  • Diabete gestazionale: diagnosticato nel secondo o terzo trimestre di gravidanza che in genere regredisce dopo il parto per poi ripresentarsi, spesso a distanza, con le caratteristiche del diabete di tipo 2.
  • Altri tipi di Diabete:
  • Diabete Monogenico;
  • Diabete da disturbo alimentare;
  • Diabete secondario ad un’altra patologia (es. pancreatite) o farmaci (cortisone).

Il diabete non è una malattia ereditaria, nel senso che, tranne che per poche varietà molto rare o genetiche, non c’è un passaggio inevitabile della malattia da una generazione ad un’altra. Esiste però una predisposizione familiare e diversi fattori che ne aumentano il rischio quali:

  • Parenti di primo grado con diabete tipo 2;
  • Glicemia o HbA1c non ottimale;
  • Pregresso diabete gestazionale;
  • Eccesso di peso corporeo;
  • Sedentarietà;
  • Iperalimentazione;
  • Fumo di sigaretta;
  • Ipertensione;
  • Basso colesterolo HDL;
  • Elevati trigliceridi;
  • Alta uricemia o gotta;
  • Età avanzata;

Quali sono le complicanze?

Il Diabete comporta una serie di complicanze a breve ed a lungo termine che vanno ad incidere significativamente sulla vita della persona, poiché si tratta di una patologia cronica e irreversibile.

Tra le conseguenze acute, la formazione di corpi chetoacidosi rappresenta una situazione dannosa per il nostro organismo, in quanto le cellule non essendo in grado di usare il glucosio,  utilizzano i depositi di grasso come fonte di energia alternativa provocando la formazione di questi corpi che acidificano il ph del sangue causando vomito, disidratazione, perdita di coscienza e perfino il coma;

Un’altra complicanza acuta del diabete è l’ipoglicemia, una condizione che determina un notevole malessere al paziente e, in alcuni casi, richiede l’assistenza di sanitari e talora l’ospedalizzazione.

Inoltre il diabete, se curato male o trascurato nel tempo può determinare danni significativi a vari organi e tessuti. Le complicanze non vascolari comprendono disturbi come le infezioni e le alterazioni cutanee (piede diabetico che viene assistito come un ulcera, fase avanzata di una piaga da decubito);

Quelle vascolari vengono a loro volta classificate in microangiopatiche (malattie di piccoli vasi) e macroangiopatiche (malattie di grossi vasi).

  • Le complicanze microangiopatiche interessano i piccoli vasi (arteriole, venule, capillari) determinandone l’ispessimento della membrana basale, ad esempio retinopatia, neuropatia, nefropatia.
  • Le complicanze macroangiopatiche coinvolgono vasi di medio-grosso calibro, con lesioni non distinguibili da quelle aterosclerotiche dei pazienti non diabetici e predispongono a un evento cardiovascolare, che costituisce la causa di morte nell’80% dei diabetici.

Come diagnosticare il Diabete?

I criteri per la diagnosi di diabete mellito sono stabiliti dalla SID (Società Italiana di Diabetologia):

  • L’emoglobina glicata (HbA1c) uguale o superiore a 6.5% ed rilevata attraverso prelievo venoso;

oppure

  • La glicemia uguale o superiore a 126 mg/dl (al mattino, dopo 8 ore di digiuno, in due circostanze) e rilevata attraverso prelievo venoso o stick glicemico;

oppure

  • La glicemia dopo un carico orale di glucosio (in due circostanze)  uguale o superiore a 200 mg/dl diagnosticata attraverso il test da carico di glucosio o l’Ogtt (Oral Glucose Tolerance Test). L’esame prevede un primo prelievo di sangue a tempo “0” eseguito a digiuno. Il prelievo deve essere seguito dall’assunzione di una soluzione glucosata per via orale (75 grammi). Successivamente, si misura la glicemia a distanza di due ore. Se dopo due ore i valori di glicemia sono inferiori ai 140 mg/dl, non si è in presenza di diabete. Per valori compresi tra 140 e 199 mg/dl, si parla di ‘intolleranza al glucosio‘. Questa condizione, detta anche di prediabete, richiede controlli periodici e dieta, abbinati a movimento. Valori uguali o superiori a 200 mg/dl indicano una diagnosi di diabete mellito.

oppure

  • La glicemia uguale o superiore a 200 mg/dl in un momento qualsiasi della giornata in presenza di disturbi (sintomi) tipici della malattia (basta una sola circostanza) attraverso stick glicemico;
  • Presenza di glicosuria attraverso l’esame delle urine.

Esistono anche condizioni in cui i livelli di glucosio nel sangue non sono ottimali e che rappresentano un aumentato rischio di sviluppare il diabete in futuro. Queste condizioni sono così diagnosticate e definite:

  • Emoglobina glicata fra 6.00 e 6.49% (alto rischio di diabete)
  • Glicemia a digiuno fra 100 e 125 mg/dl (alterata glicemia a digiuno)
  • Glicemia due ore dopo glucosio orale fra 140 e 199 mg/dl (ridotta tolleranza glucidica)

Circa un soggetto ogni 5 in queste condizioni sviluppa diabete in 5 anni.

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Pillole di Cardiologia

L’emoglobina glicata è formata dall’unione del glucosio con l’emoglobina (la proteina che nei globuli rossi trasporta l’ossigeno). Più zucchero c’è nel sangue maggiore sarà l’Emoglobina glicata. Il suo valore elevato resta nel sangue per circa tre mesi e permette di conoscere i valori medi di Glicemia degli ultimi 90 giorni, in genere il suo valore viene indicato in percentuale.

Nel paziente diabetico non dovrebbero superare il 7%; valori poi uguali o superiori all’8% ci indicano che il paziente è fuori controllo e che il suo rischio di sviluppare le complicanze del diabete (cardiovascolari, renali, oculari) è elevato.

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Quali sono i Segni e sintomi?

La sintomatologia di insorgenza della malattia dipende dal tipo di diabete. Nel caso del diabete tipo 1 di solito si assiste a un esordio acuto, spesso in relazione a un episodio febbrile, con sete (polidipsia), aumentata quantità di urine (poliuria), sensazione si stanchezza (astenia), perdita di peso, pelle secca, aumentata frequenza di infezioni.

Nel diabete tipo 2, invece, la sintomatologia è più sfumata e solitamente non consente una diagnosi rapida, per cui spesso la glicemia è elevata ma senza i segni clinici del diabete tipo 1.

 

Quale terapia viene prescritta?

La terapia è quasi sempre individualizzata. Si usano insulina somministrata sottocute o ipoglicemizzanti orali, oppure entrambi in combinazione. In ogni caso i farmaci vanno abbinati ad una dieta ottimale e alla perdita ponderale controllata.

Essendo la prescrizione una competenza medica, troverete un approfondimento della terapia diabetica in un altro articolo.

In cosa consiste il Nursing del paziente affetto da Diabete?

L’infermiere è il professionista sanitario responsabile dell’assistenza generale infermieristica, ma il suo ruolo nella gestione del diabete è fondamentale nella rilevazione e nella gestione delle criticità assistenziali e cliniche legate al ricovero. L’infermiere che opera nelle degenze ospedaliere o sul territorio deve pianificare un piano di assistenza personalizzato, attivando il team diabetologico per garantire una corretta e sicura gestione della malattia durante la degenza e il domicilio.

Il processo assistenziale comprende una fase iniziale di accertamento e impostazione degli obiettivi, seguita da una fase di pianificazione e attuazione degli interventi che termina con la valutazione del risultato.

 

Accertamento Infermieristico.

Mira ad indagare lo stile di vita del paziente al fine di conoscere le sue abitudini alimentari, la sua occupazione e le caratteristiche del nucleo socio-familiare in cui è calato, al fine di effettuare un’attenta analisi incrociata dei dati raccolti.

Un’analisi dei dati attraverso l’accertamento, con la collaborazione del paziente e, se presente, con quella di un caregiver (colui che si prende cura), porta alla formulazione di un piano assistenziale mirato sulla singola persona. Nel momento dell’accoglimento ospedaliero di un paziente affetto da diabete è necessario che vengano considerate alcune specifiche problematiche riguardanti la patologia diabetica, oltre a quelle relative al motivo del ricovero, con particolare attenzione ad alcuni dati anamnestici (tipo di diabete: diabete tipo 1, tipo 2, altri tipi, e se noto o non noto, stato delle principali complicanze croniche micro- e macro-vascolari, fattori di rischio cardiovascolari concomitanti ecc).

 

Diagnosi Infermieristiche.

La diagnosi infermieristica costituisce la base sulla quale l’infermiere attua specifici interventi volti a raggiungere gli outcomes (risultati) di cui è responsabile, in ragione delle sue competenze e autonomia.

In relazione alla patologia diabetica i punti di diagnosi spaziano dall’educazione sanitaria al monitoraggio glicemico, dalla pianificazione dei pasti alla gestione delle complicanze.

Pianificazione e attuazione degli interventi.

Gli interventi per questa patologia multifattoriale, abbracciano una serie di azioni che comprendono:

Rilevazione della glicemia attraverso stick glicemico;

La determinazione della glicemia si effettua sul prelievo di sangue venoso, ma negli ultimi anni sono stati sviluppati apparecchi portatili (cosiddetti glucometri) che eseguono il controllo, in pochi secondi, su una goccia di sangue capillare prelevato dal polpastrello tramite la puntura di una lancetta pungidito: questo permette ai diabetici un migliore controllo della patologia con una minore insorgenza di complicanze. Per avere un approfondimento su come prelevare sangue capillare abbiamo preparato un articolo intero sull’esecuzione dello stick glicemico.

Somministrazione dell’Insulina;

L’insulina è la terapia di scelta nel paziente diabetico ospedalizzato non stabilizzato. Compete al medico la prescrizione clinica, la scelta del farmaco, l’orario di somministrazione, la via e l’orario di somministrazione e la durata complessiva della terapia. Tuttavia, con pari importanza, compete all’infermiere il garantire la “corretta gestione assistenziale” che prevede:

  • La scelta del presidio;
  • La rotazione delle/nelle sedi di iniezione;
  • La manipolazione e la conservazione dell’insulina;
  • La procedura con cui si inserisce l’ago nella cute;
  • La manipolazione della cute prima e dopo l’iniezione;
  • L’educazione terapeutica.

La conservazione dell’insulina in ospedale e a domicilio (penne e flaconi) deve rispettare le indicazioni dei produttori fornite dalle schede tecniche approvate dall’AIFA. Tali indicazioni devono essere note al personale sanitario e oggetto di educazione per i pazienti. In caso di dubbio in merito alla conservazione, è utile leggere il bugiardino del farmaco in questione.

Indicazioni per la terapia insulinica per via sottocutanea;

È fortemente sconsigliato il metodo di praticare insulina “al bisogno”. Se necessario, la terapia insulinica sottocutanea deve essere iniziata al momento dell’ingresso in ospedale e somministrata secondo lo schema insulinico prescritto. Lo schema insulinico solitamente prescritto è l’insulina rapida per i pasti. L’insulina programmata per i pasti viene adeguata con algoritmo di correzione in relazione alla glicemia controllata prepasto.

Questo ormone deve essere iniettato nel tessuto sottocutaneo integro, evitando il derma, il muscolo, zone cicatriziali e lipoipertrofiche. L’iniezione intramuscolare può comportare un assorbimento più rapido dell’insulina e un potenziale rischio di ipoglicemia, per questo va evitata scrupolosamente soprattutto con gli analoghi lenti dell’insulina.

I siti di iniezione raccomandati sono:

  • L’addome in un’area delimitata circa 1 cm al di sopra della sinfisi pubica, circa 1 cm sotto l’ultima costola, circa 1 cm di distanza dall’ombelico fino ai fianchi;
  • Le cosce, nel terzo superiore antero-laterale;
  • I glutei, nella parte alta laterale di entrambi, glutei e fianchi;
  • Le braccia, nel terzo mediano posteriore delle braccia.

L’iniezione con la penna, inserita perpendicolarmente alla superficie della pelle, garantisce un assorbimento ottimale dell’insulina in tutti i pazienti in terapia insulinica, compresi quelli obesi, è più facile da praticare e da insegnare, nella maggior parte dei casi non necessita della tecnica del pizzicotto (o del pizzico o della plica), causando minore ansia e dolore, e migliore accettazione ed aderenza alla terapia.

In tutti gli ambienti sanitari in cui si utilizzano penne per insulina, devono essere seguite procedure rigorose secondo cui ad ogni paziente deve corrispondere un’unica penna da insulina, per evitare il rischio di trasmissione di infezioni tra diversi pazienti.

In caso di utilizzo della siringa da 1 ml (100 unità), al fine di minimizzare iniezioni intramuscolari inavvertite che possono provocare fenomeni di variabilità glicemica e soprattutto ipoglicemie anche gravi, l’ago dovrebbe essere inserito perpendicolarmente in una plica cutanea con la tecnica del pizzicotto.

Indicazioni per la terapia insulinica per via endovenosa;

L’insulina per via endovenosa è indicata nei soggetti critici e/o che assumono nutrizione artificiale, nei perioperatori, nelle gravi instabilità metaboliche e deve seguire protocolli validati con i reparti di degenza in cui vengono applicati. L’insulina utilizzata per via endovenosa è solitamente la rapida regolare e viene somministrata in estemporanea oppure in continuo attraverso pompe siringhe automatiche.

Indicazioni per la gestione della lipodistrofia;

Le persone con diabete ed i loro specialisti di riferimento sono da tempo a conoscenza del fatto che nei siti in cui viene iniettata insulina possono verificarsi lesioni cutanee come la lipodistrofia (LD), una manifestazione clinica del tessuto adiposo, che rappresenta una delle più comuni complicazioni delle iniezioni di insulina sottocutanea e può presentarsi sia come lipoipertrofia (LH) che come lipoatrofia (LA).

La lipoatrofia è definita come una cicatrice di grandi dimensioni, spesso profonda e si presenta come un avvallamento localizzato del tessuto adiposo.

L’ipoipertrofia, invece, è un rigonfiamento del tessuto, per lo più sodo, ma che può occasionalmente presentarsi anche come una lesione molle, e che può facilmente sfuggire durante una visita medica.

Una diagnosi mancata di lipodistrofia può avere importanti conseguenze cliniche. L’iniezione di insulina in parti del corpo interessate da lipodistrofia, infatti, può portare ad ampie oscillazioni glicemiche, sia verso l’alto, con livelli di glucosio eccessivi rispetto alla norma, sia verso il basso, con episodi ipoglicemici improvvisi.

Tra gli accorgimenti che chiunque soffra di diabete dovrebbe ricordare ci sono:

  • Iniettare l’insulina nel tessuto sottocutaneo, mai nel derma o nel muscolo;
  • Cambiare l’ago ad ogni iniezione;
  • Alternare i siti di iniezione (addome, cosce, braccia, natiche);
  • Distanziare di almeno un centimetro le punture in ogni sito di iniezione;
  • Evitare le iniezioni di insulina in aree con lipodistrofia perché in queste zone l’assorbimento è imprevedibile e potrebbe causare fluttuazioni inaspettate della glicemia.

Indicazioni per la gestione dell’ipoglicemia;

L’ipoglicemia rappresenta una condizione pericolosa per la vita del paziente e può essere fatale. Una glicemia di 70 mg/dl viene comunque indicata come soglia di allerta per definire un episodio di ipoglicemia.

Si definiscono tre gradi di ipoglicemia:

A) Grado lieve: presenza solamente di sintomi neurogenici, l’individuo è in grado di autogestire il problema;

B) Grado moderato: sintomi neurogenici e neuroglicopenici, l’individuo è in grado di autogestire il problema;

C) Grado grave: stato di coscienza alterato e necessità dell’aiuto o della cura di terzi per risolvere l’ipoglicemia.

Uno dei protocolli per la gestione delle ipoglicemie consiste nell’infondere 25g. di Glucosio endovena (75ml/Gluc 33%) e controllare la glicemia ogni 15′.

Se tale situazione risulta ancora essere <50mg/dl, bisogna infondere 15g. di Glucosio endovena (45 ml/Gluc 33%). Una volta raggiunto i 90 mg/dl è importante controllare la glicemia ogni ora.

Educazione sanitaria.

L’educazione terapeutica deve permettere al paziente di acquisire informazioni che lo aiutano a vivere in maniera normale con la sua malattia.  Ciò implica attività di sensibilizzazione, informazione, prevenzione dell’autogestione e sostegno psicologico concernenti la malattia, il trattamento prescritto, le terapie, il contesto ospedaliero e di cura.

Durante la degenza, i diabetici di nuova diagnosi e quelli che hanno iniziato il trattamento insulinico devono essere addestrati in modo da garantirne una gestione sicura al rientro al domicilio nel momento della dimissione. Per i diabetici già noti, il momento del ricovero può diventare occasione per verificare i comportamenti nella somministrazione e gestione della terapia insulinica.

Durante il periodo di ospedalizzazione dovranno essere intrapresi i seguenti interventi:

  • Addestrare all’utilizzo della penna per insulina e la corretta tecnica iniettiva;
  • Addestrare a eseguire la rilevazione della glicemia;
  • Addestrare alla compilazione del diario delle glicemie;
  • Addestrare a riconoscere e trattare l’ipoglicemia.

 

Contatta l’esperto in merito a questo argomento.

 

Dott. Antonio Sannino

Infermiere

UOC Ortopedia – Azienda dei Colli – CTO