Cos’è la fibrillazione atriale 

Il cuore è un organo tanto meraviglioso quanto complesso, composto prevalentemente da tessuto muscolare, la cui funzione è ricevere il sangue povero di ossigeno dall’organismo e, dopo averlo ossigenato attraverso i polmoni, distribuirlo di nuovo ai tessuti del corpo.

Perché ciò avvenga correttamente, le varie camere cardiache necessitano di essere attivate elettricamente in maniera sincronizzata e, per farlo, l’organismo ha sviluppato una via di conduzione elettrica specializzata che decorre tra le fibre muscolari.

In condizioni fisiologiche, le diverse regioni del cuore sono attivate secondo un ordine preciso e sequenziale ad un ritmo ben definito, in base alle esigenze dell’organismo.

Talvolta, questo ordine perfetto viene alterato e sopraggiungono le aritmie (perdita del normale ritmo). La fibrillazione atriale costituisce, dopo le extrasistoli, la forma di aritmia più frequente raggiungendo in Italia un tasso di prevalenza del 1.7% della popolazione. Tale aritmia insorge in seguito alla completa frammentazione e disorganizzazione della conduzione elettrica tra gli atrii, che diviene perciò caotica. Di conseguenza, ogni regione dei due atrii si attiva elettricamente senza un ordine preciso e ciò non consente una sincronizzazione, quindi una contrazione, efficace.

 


Nella figura 1: A sinistra, una conduzione dell’impulso elettrico normale; a destra, la rappresentazione schematica della fibrillazione atriale con frammentazione e disorganizzazione dell’impulso atriale.

 

La fibrillazione atriale può insorgere anche in soggetti giovani ma è molto più frequente negli anziani, con maggiore prevalenza nei maschi. Diversi fattori possono favorirne l’insorgenza, tra i più frequenti: l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito, le cardiopatie varie, il consumo di alcool e di bevande eccitanti (es caffeina), il fumo, le malattie respiratorie croniche (es BPCO), le malattie della tiroide e l’obesità.

 

Perché è importante la fibrillazione atriale e come riconoscerla?

Le complicanze di tale aritmia sono varie: l’assenza di attivazione sincrona degli atrii può determinare una maggiore stasi del sangue e un rischio di formazione di coaguli ematici (trombi). Tali trombi possono spostarsi dagli atrii lungo il torrente ematico e dare ischemia nei vari organi normalmente irrorati, in particolare ictus cerebrale, il cui rischio è 5 volte maggiore in presenza di FA.

Inoltre, l’attivazione rapida e irregolare dei ventricoli, che ricevono l’impulso atriale, ne può compromettere il normale riempimento e svuotamento con alterazione della normale attività cardiaca complessiva, fino allo scompenso cardiaco.

L’impatto sulla prognosi della fibrillazione atriale è di fatto importante, si stima che comporti un aumento di rischio di mortalità x2 nelle donne e di x1.5 volte negli uomini. Per tali motivi, il riconoscimento di tale aritmia, che può manifestarsi in maniera anche del tutto asintomatica in 1/3 dei casi, è di fondamentale importanza ed è al centro delle continue innovazioni tecnologiche.

 


Figura 2: complicanza cardioembolica della fibrillazione atriale, ictus cerebrale.

La diagnosi di fibrillazione atriale si basa sull’analisi dell’attività elettrica del cuore mediante l’elettrocardiogramma (ECG). Una recentissima novità tecnologica a supporto della medicina è lo smartwatch che, in aggiunta alle normali funzioni di connettività con gli smartphones, è capace di registrare l’attività cardiaca e di segnalare l’eventuale presenza di fibrillazione atriale. Questa caratteristica unisce la praticità quotidiana alla sicurezza e alla prevenzione.

 

Come funziona AppleWatch

La tecnologia utilizzata da tali dispositivi si è rapidamente evoluta, favorita dalla spinta economica del mercato, divenendo sempre più precisa e affidabile. Tra gli smartwatch a ricevere maggiore attenzione mediatica, anche in campo scientifico, ci sono gli AppleWatch.

I primi dispositivi di casa Apple (Series 1, 2, 3) sono dotati di un pletismografo integrato che emana raggi infrarossi attraverso la cute per valutare il riempimento dei vasi capillari. In questo modo è possibile valutare, indirettamente, l’attività del cuore, la frequenza di stimolazione (frequenza cardiaca) e la ritmicità delle contrazioni. Il riscontro di ritmo irregolare o di una frequenza molto alta viene notificato dal dispositivo suggerendo un controllo medico.

I dispositivi di nuova generazione (Series 4, 5, 6) sono dotati di un elettrodo e misurano direttamente l’attività elettrica del cuore, con lo stesso principio dell’elettrocardiogramma (ma con una sola derivazione), utilizzando come circuito le due braccia. Questa funzione rende maggiormente affidabile l’analisi e permette, inoltre, di registrare una traccia (in PDF) per la visione da parte di un medico specialista.

 

Cosa ci dicono gli studi clinici

Il primo studio ad aver acceso i riflettori su AppleWatch in campo medico-scientifico è stato The Apple Heart Study i cui risultati, pubblicati sul NEJM, sono stati presentati al congresso dell’American College of Cardiology del 2019. Lo studio ha utilizzato AppleWatch series 1-3 (quindi con pletismografo) ed ha arruolato oltre 400 mila partecipanti di età maggiore di 22 anni.

Ai partecipanti, con notifica di polso aritmico dello smartwatch, veniva chiesto di eseguire una traccia ECG (a mono derivazione), con uno secondo strumento consegnato appositamente, e un consulto medico tramite un’app.

I risultati di tale studio, anche se accompagnati da enorme clamore mediatico, non sono stati convincenti e non hanno permesso di raccomandare l’utilizzo di tali smartwatch come strumento diagnostico e di screening. I limiti principali di tale studio possono essere così sintetizzati:

  • La popolazione dello studio era troppo giovane (oltre la metà under 40) considerando che la fibrillazione atriale si presenta soprattutto negli over 65 (rappresentati solo dal 6% dei partecipanti allo studio). I partecipanti che hanno ricevuto una notifica dal dispositivo sono stati poco più di 2000, lo 0.52%!
  • Di queste 2000 persone solo 1/3 ha presentato un elettrocardiogramma di conferma, come previsto dallo studio per poter valutare l’affidabilità del dispositivo. Tale dato nasconde due atteggiamenti contrastanti da parte dei pazienti: un atteggiamento scettico indotto dall’utilizzo di uno smartwatch (inteso come dispositivo non puramente medico), con rischio di sottovalutare l’importanza di una determinata indagine; oppure un atteggiamento ansioso e il timore di un eventuale problema cardiaco, con il ricorso a numerosi e, spesso, inappropriati approfondimenti diagnostici.
  • L’impronta telematica e digitale del dispositivo può compromettere il solido rapporto medico-paziente con effetti deleteri e contrari agli obiettivi principali del trial.
  • Lo studio è stato finanziato dall’azienda produttrice, il che può dare origine a risultati parziali.

Tali limiti sono stati superati, in parte, dall’arrivo dei nuovi AppleWatch (series 4-6). Infatti, la possibilità di registrare direttamente una traccia ECG ed inviarla al proprio medico aumenta la performance, e l’applicazione, di tali dispositivi.

In uno studio, pubblicato sulla rivista Circulation, è stato testato AppleWatch (series 4) su 50 pazienti sottoposti a chirurgia cardiaca e testati con 6 misurazioni (sia ECG che AppleWatch) in 2 giorni di osservazione, con un totale di 292 misurazioni utili ai fini dello studio rispetto alle 300 misurazioni possibili. Delle 90 misurazioni ECG con evidenza di fibrillazione atriale, sono state solo 34 le notifiche di aritmia. Tuttavia, il PDF generato da AW (con la traccia ECG) ha permesso di riscontrare la fibrillazione atriale in 84 misurazioni delle 90 totali.

Da questi dati si evince che la sensibilità del dispositivo aumenta notevolmente con l’analisi della traccia ECG mediante PDF da parte di un medico, ma che la notifica e l’auto diagnosi dello smartwatch non può essere considerata sensibile. Questo studio ha testato una popolazione troppo esigua di pazienti per rendere questi dati significativi dal punto di vista statistico, pertanto altri studi sono necessari per una maggiore valutazione.

 

Quali sono le conclusioni

Ad oggi, l’AppleWatch non può essere considerato uno strumento di screening per la fibrillazione atriale parossistica su larga scala e non è attualmente consigliato dalle linee guida Europee o Americane. I motivi di inadeguatezza precedentemente analizzati sono:

  • La sensibilità dello strumento (quindi la capacità di riscontrare gli eventi aritmici) per i pazienti asintomatici non è abbastanza alta per un test di screening. Nei pazienti sintomatici è possibile aumentare la sensibilità dello strumento generando la traccia PDF autonomamente.
  • Il target di pazienti in cui AppleWatch avrebbe la massima diffusione ha una incidenza di fibrillazione atriale troppo bassa da far inclinare l’ago della bilancia costo/beneficio in modo troppo sfavorevole.
  • L’AppleWatch ha un costo ed è a carico del consumatore. Questo potrebbe creare delle differenze socioeconomiche e demografiche con l’adozione di tali tecnologie.

Nonostante i limiti, tali smartwatch rappresentano una notevole evoluzione tecnologica e degli strumenti di indubbia utilità che, se adeguatamente utilizzati dal cardiologo curante e dai pazienti, acquistano un notevole potere diagnostico. La possibilità di avere accesso a un’analisi ECG (anche se a mono derivazione) in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento può dirimere un dubbio diagnostico, al pari di strumentazioni più invasive e costose. È necessario identificare la popolazione di pazienti che maggiormente potrebbero beneficiare di un simile strumento. I pazienti con palpitazioni sporadiche, sufficientemente durature da permettere l’analisi della traccia (qualche minuto) da parte dello smartwatch, potrebbero maggiormente beneficiare di tale strumento.

È fondamentale ricordare che l’utilizzo di tali dispositivi non deve erroneamente indurre il paziente a sottovalutare l’importanza di un sintomo, anche se apparentemente banale; perché “una mela al giorno non basta” e lo smartwatch non è uno strumento di autodiagnosi e non sostituisce assolutamente il medico specialista, che rimane sempre la figura di riferimento per tali disturbi.

 

Contatta l’esperto in merito a questo argomento.

 

Dott. Marco Di Mauro
A.I.F. Malattie dell’apparato cardiovascolare

Università degli studi della Campania “Luigi Vanvitelli”
AORN dei Colli-Ospedale Monaldi
Napoli

 

Dott. Andrea Antonio Papa
Cardiologo Aritmologo, esperto in diagnosi e terapia dei disturbi del ritmo cardiaco

Dirigente Medico I livello
UOC Cardiologia e UTIC
Università della Campania L. Vanvitelli
AORN dei Colli – Ospedale Monaldi
Napoli