Di cosa si tratta?

 L’acronimo TAVI deriva dall’inglese Transcatheter Aortic Valve Implantation ed è correntemente utilizzato anche nel nostro paese per indicare la procedura d’impianto di una protesi valvolare aortica attraverso un’arteria del nostro corpo.

 

Chi può essere sottoposto a questo tipo di procedura?

 La TAVI è riservata ai pazienti affetti da stenosi valvolare aortica, una patologia che consiste nel restringimento della valvola aortica, una delle valvole del cuore. Tale condizione rappresenta un ostacolo al normale passaggio del sangue dal ventricolo sinistro all’aorta e da qui, quindi, a tutto l’organismo. I pazienti che ne soffrono sono tipicamente soggetti di età > 65 anni. La malattia si manifesta con 3 possibili sintomi: dispnea (affanno), angina (dolore al petto), sincope (svenimento con perdita di coscienza). La diagnosi è basata sul rilievo di alcuni tipici reperti alla visita da parte di uno specialista in cardiologia e sull’ecocardiogramma, che consente di stimare la gravità della stenosi attraverso una serie di misurazioni che vengono effettuate a livello della valvola. In presenza di sintomi, ovvero se un paziente con stenosi aortica manifesta dispnea, angina o sincope, la sua probabilità di morire diviene molto alta. Non esistono medicine in grado di far regredire o impedire l’aggravamento di questa malattia. I farmaci servono solo a controllare in parte i sintomi; l’unico trattamento efficace consiste nel sostituire la valvola non funzionante con una protesi, ovvero con una valvola artificiale che svolga la stessa funzione di quella naturale.

 

 

Chi esegue la procedura?

 LA TAVI è una procedura svolta dai cardiologi interventisti, cioè da medici specialisti in cardiologia e che si occupino degli interventi mini-invasivi come l’angioplastica coronarica. Per questo tipo di procedura, i cardiologi lavorano in collaborazione con i cardiochirurghi che, invece, si occupano di interventi al cuore molto più invasivi (come il bypass coronarico). Il lavoro di gruppo è importante per identificare bene i pazienti che possano essere sottoposti a tale tipo di procedura e risolvere eventuali complicanze legate all’intervento.

 

In cosa consiste la procedura?

 Nella stragrande maggioranza dei casi, la TAVI viene eseguita attraverso l’arteria femorale, ovvero inserendo un tubicino (introduttore) a livello dell’inguine, in cui si fanno passare tutti i materiali che servono a far navigare la protesi fino al cuore. Il paziente può ricevere una leggera sedazione e l’anestesia locale, in corrispondenza del sito di accesso. Di solito non è richiesta l’anestesia generale.

I materiali necessari per l’impianto della protesi sono guide (fili metallici), cateteri (tubicini di plastica) ed eventualmente palloncini (che possono servire a dilatare la valvola prima dell’impianto della protesi o a dilatare la protesi dopo che sia stata impiantata, qualora non risulti perfettamente funzionante). Le protesi attualmente utilizzate sono biologiche (realizzate con porzioni di tessuto cardiaco animale) e di 3 tipi principali: espandibili con palloncino (montate cioè su di un palloncino che ne determina l’impianto una volta gonfiato), autoespandibili (rilasciate con un meccanismo di apertura controllata) o a rilascio meccanico. Il tipo di protesi viene scelto sulla base delle caratteristiche anatomiche del paziente, cioè tenendo conto della morfologia della valvola e dell’aorta.

La procedura richiede sempre il posizionamento di un pacemaker temporaneo, ovvero di un catetere che stimoli artificialmente il cuore ad una determinata frequenza. Questo ha due funzioni principali: è necessario per l’impianto delle protesi che si espandono con il palloncino o in tutti i casi in cui sia necessario dilatare con un palloncino la valvola e serve, inoltre, come dispositivo di sicurezza nel caso in cui si verifichino aritmie importanti durante la procedura.

Dopo l’impianto della protesi, si effettuano una serie di controlli mediante la somministrazione di mezzo di contrasto ed eventualmente l’ecocardiografia. La procedura termina, quindi, con la rimozione del materiale necessario all’impianto e la chiusura della via utilizzata per l’accesso, di solito mediante dei punti che si trovano direttamente sull’arteria.

 

Quanto tempo dura la procedura?

 Attualmente, la TAVI dura in media 30-40 minuti (ovviamente complicanze ecluse). La fase più lunga è quella che precede la procedura, ovvero la preparazione dell’accesso ed il posizionamento del pacemaker temporaneo. I sistemi moderni consentono un impianto in tempi abbastanza contenuti.

 

Qual è il rischio di complicanze?

 

Secondo le più recenti stime, la percentuale di complicanze associate alla TAVI è inferiore all’1% se consideriamo gli eventi più gravi che portano a morte o a necessità di un intervento urgente a cuore aperto. Negli studi finora svolti, la percentuale di pazienti che muore a distanza di 30 giorni dall’intervento è del 2-3%; ancora più bassa è la probabilità che si verifichi un ictus. Le complicanze più frequenti sono rappresentate dal sanguinamento del sito di accesso (ematoma, rottura dell’arteria) e dall’insorgenza di alcuni disturbi del ritmo cardiaco che possono in alcuni casi rendere necessario l’impianto di un pacemaker definitivo.

 

Quanto dura il ricovero per questo tipo di procedura?

 Sebbene non sia possibile generalizzare, un ricovero per TAVI dura in media dai 5 ai 7 giorni. All’ammissione in ospedale, è necessario eseguire la preparazione alla procedura che consiste nell’esecuzione degli esami del sangue, eventuale idratazione e gestione dei farmaci che si assumono. Dopo la procedura, è prevista la degenza in terapia intensiva per almeno 24 ore, con lo scopo di monitorare i parametri vitali e l’elettrocardiogramma. In seguito, in assenza di complicanze, il paziente può essere trasferito in reparto o in riabilitazione.

Il recupero dell’autonomia funzionale, cioè la capacità di alzarsi e muoversi autonomamente è di solito immediato, in soggetti che siano in buone condizioni generali.

 

Che vantaggi ha questa procedura rispetto alla chirurgia tradizionale?

Fino a circa 15 anni, l’intervento chirurgico era l’unica possibilità di salvezza per i pazienti con stenosi aortica severa. Tuttavia, dal momento che la maggior parte di questi pazienti si presenta al medico in età avanzata, nella maggioranza dei casi l’intervento chirurgico è molto rischioso. Esso comporta l’anestesia generale, la circolazione extracorporea e tutta una serie di procedure che possono risultare complesse in pazienti anziani e con altre patologie. La cardiochirurgia ha avuto una grande innovazione tecnologica e molti interventi sono attualmente svolti mediante approccio mini-invasivo. Eppure, la TAVI è l’unica procedura minimamente invasiva che ha consentito, fin dalla sua introduzione, il trattamento di molti pazienti, lasciati, prima, senza nessuna speranza di intervento. Infatti, questo tipo di approccio è stato dapprima riservato ai pazienti considerati inoperabili o a rischio molto alto per l’intervento chirurgico tradizionale. Una serie di studi ne hanno valutato l’efficacia e la sicurezza in pazienti con caratteristiche cliniche variabili.

Tutte le evidenze raccolte sono concordi nel sostenere che la TAVI offre risultati clinici sovrapponibili ed, in alcuni casi, migliori rispetto alla chirurgia. Tale procedura offre inoltre minori tempi di degenza e recupero delle funzioni motorie più rapido rispetto alla chirurgia convenzionale, aspetto da non sottovalutare tenendo presente l’età avanzata della maggioranza dei pazienti affetti da stenosi aortica.

 

Quali esami bisogna eseguire prima della procedura?

 Per poter stabilire l’indicazione alla TAVI, bisogna, innanzitutto, valutare la fattibilità tecnica della procedura. Occorre, cioè, stabilire se l’arteria femorale è sufficientemente grande da consentire il passaggio delle protesi e se la valvola naturale ha delle dimensioni che siano compatibili con quelle delle protesi attualmente disponibili. Queste valutazioni vengono effettuate mediante le immagini ottenute con l’esecuzione di un’angio-TAC (una TAC con mezzo di contrasto del torace e dell’arterie degli arti inferiori). Questo esame deve essere svolto in centri dedicati, ovvero che utilizzino dei protocolli specifici per l’acquisizione delle immagini che poi serviranno al cardiologo per effettuare tutte le misurazioni e la scelta della protesi più adatta. Altri esami preparatori sono gli esami di laboratorio e la coronarografia. Quest’ultima serve ad escludere l’eventuale concomitante presenza di malattia coronarica (restringimento significativo dei vasi che irrorano il cuore) o nel caso a trattare tale patologia prima di procedere all’impianto della protesi valvolare. Di solito, la coronarografia viene eseguita qualche giorno prima della TAVI o nell’ambito della stessa procedura.

 

A chi bisogna rivolgersi per eseguire questo tipo di procedura?

 Per essere candidati alla TAVI, bisogna, innanzitutto, avere una diagnosi certa di stenosi aortica severa (confermata dall’ecocardiogramma). Le seguenti figure professionali possono selezionare i pazienti idonei alla procedura: cardiologo clinico, cardiologo interventista, cardiochirurgo. È importante affidarsi a centri che eseguano numerose procedure di questo tipo e che siano dotati di cardiochirurgia in sede, dal momento che queste sono le caratteristiche che garantiscono l’esecuzione dell’intervento in totale sicurezza.

 

Contatta l’esperto in merito a questo argomento

 

Dott.ssa Anna Franzone
Cardiologo Emodinamista, esperto nel trattamento percutaneo della cardiopatia ischemica e delle cardiopatie strutturali

Ricercatrice presso L’Università di Napoli Federico II
Dipartimento di Scienze biomediche avanzate