Due tessere da aggiungere al puzzle della Optimal Medical Therapy nella cardiopatia ischemica

La sindrome coronarica cronica è tra le principali cause di morbidità e mortalità nei Paesi industrializzati. La sintomatologia anginosa (dolore toracico) rappresenta spesso il primo “campanello d’allarme” per il paziente e può talora essere molto invalidante. Alla base del processo fisiopatologico dell’angina vi è un insufficiente apporto di sangue al muscolo cardiaco come conseguenza di un ostacolo al flusso coronarico che si verifica durante la fase diastolica. In considerazione di ciò, sono stati introdotti in tempi relativamente recenti, per il trattamento dei sintomi della cardiopatia ischemica, la Ranolazina e l’Ivabradina, due molecole che agiscono con meccanismi innovativi rispetto ai tradizionali farmaci anti-ischemici e che vanno ad integrare l’armamentario terapeutico a disposizione del Cardiologo clinico.

 

Ranolazina

La Ranolazina ottiene il suo effetto anti-ischemico, mediante una riduzione dell’entrata del sodio nel cardiomiocita. Tale riduzione, a sua volta, consente di diminuire il sovraccarico intracellulare di calcio. Questo abbassamento del sovraccarico intracellulare di calcio migliora il rilasciamento miocardico e, di conseguenza, comporta una minore rigidità del ventricolo sinistro in diastole (Vedi anatomia cuore). Tutto questo, a sua volta, favorisce una riduzione del lavoro cardiaco, che agisce sinergicamente ad una migliore perfusione miocardica dal momento che, come ricordato, il flusso coronarico di ossigeno si verifica in fase diastolica. Tutto ciò si traduce, clinicamente, in un netto effetto anti-ischemico. Come si può dedurre, l’azione anti-anginosa della Ranolazina viene conseguita senza alcuna modificazione della frequenza cardiaca, dei livelli pressori o dell’inotropismo, come avviene invece per molti farmaci tradizionali. In ragione di queste sue caratteristiche, può essere impiegata nel trattamento della malattia coronarica sia in associazione con nitrati, beta-bloccanti e calcio-antagonisti, come evidenziato nello studio multicentrico CARISA (Contribution Assessment of Ranolazine in Stable Angina) che in monoterapia, come evidenziato nel trial MARISA (Monotherapy Assessment of Ranolazine in Stable Angina). Anche l’azione antiaritmica della Ranolazina è stata valutata nel trial MERLIN-TIMI 36 (Metabolic Efficiency with Ranolazine for Less Ischemia in No-ST Elevation Acute Coronary Syndromes) che ha mostrato la sua validità nel ridurre significativamente l’incidenza della tachicardia ventricolare e delle aritmie sopraventricolari evidenziando, contestualmente, la sua efficacia come farmaco antianginoso. Quale ulteriore effetto ancillare, la Ranolazina agisce positivamente anche su importanti parametri glico-metabolici, come l’emoglobina glicosilata. A tal proposito, di recente, è stato evidenziato come la Ranolazina agisca positivamente nei pazienti ischemici e affetti da diabete di tipo 2, poiché contemporaneamente migliora l’ischemia miocardica e l’inadeguato controllo glicemico.

 

Ivabradina

È una molecola con una struttura chimica simile a quella del Verapamil (calcio antagonisti). Essa esplica la sua azione sul muscolo cardiaco inibendo, in modo selettivo e specifico, la corrente-pacemaker If del nodo del seno, che controlla la depolarizzazione diastolica e regola la frequenza cardiaca. Pertanto, l’effetto principale dell’Ivabradina consiste nella riduzione della frequenza cardiaca, sia a riposo che in corso di attività fisica, con minimi effetti sulla contrattilità, sulla pressione arteriosa e sulla conduzione intracardiaca. Questa riduzione della frequenza diminuisce la durata della sistole ventricolare aumentando, contestualmente, la durata della fase diastolica. Ciò determina uno squilibrio del rapporto rifornimento/consumo di ossigeno a favore del numeratore, con conseguente incremento dell’ossigenazione miocardica che, come si può intuire, si realizza con un meccanismo diverso da quello dei farmaci antianginosi tradizionali.

Numerosi trials hanno dimostrato l’efficacia dell’Ivabradina nel trattamento dell’angina cronica e dell’ischemia con o senza disfunzione miocardica. A tal proposito, il trial INITIATIVE ha dimostrato la non-inferiorità della sostanza rispetto all’Atenololo (betabloccante) nella riduzione dei sintomi derivanti dall’insufficienza coronarica. Lo studio ASSOCIATE ha valutato gli effetti positivi del farmaco sul prolungamento della durata dell’esercizio fisico derivante dall’aggiunta di Ivabradina in pazienti ischemici già trattati con Atenololo.  Nel trial BEATIFUL sono stati presi in considerazione gli effetti dell’Ivabradina nei pazienti affetti da malattia coronarica e disfunzione ventricolare. Sebbene lo studio abbia dimostrato che l’Ivabradina non migliori la contrattilità ventricolare, ha evidenziato tuttavia l’utilità del farmaco nel ridurre l’ospedalizzazione per sintomi anginosi ed infarto miocardico. La sostanza è risultata utile anche nel prolungare l’attività fisica nei pazienti affetti da sindrome coronarica cronica e nel conseguimento degli effetti anti-anginosi nei pazienti ischemici alla pari dei beta bloccanti e dei calcio-antagonisti, in assenza però delle reazioni avverse che possono derivare dall’impiego di questi ultimi.

 

Conclusioni

La tollerabilità della Ranolazina è pressoché paragonabile a quella dell’Ivabradina, con effetti avversi limitati e sovrapponibili. In rapporto alle esperienze condotte, risulta evidente che entrambe le molecole posseggano un potere aggiuntivo rispetto alle terapie anti-ischemiche tradizionali e che perciò rappresentino uno strumento ulteriore che può essere aggiunto ai farmaci anti-ischemici convenzionali impiegati nel trattamento della malattia coronarica. Infine, a causa del loro differente e sinergico meccanismo di azione, i due composti risultano strategici, somministrati in combinazione, in aggiunta alla terapia “classica” della cardiopatia ischemica (antiaggreganti, ACE-inibitori, nitrati, statine, ecc.), nell’ottica di raggiungere una terapia medica ottimale da sola od in combinazione alla rivascolarizzazione coronarica.

 

 

 

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Fulvio Cacciapuoti

Specialista in Cardiologia

Esperto nella diagnosi e trattamento della cardiopatia ischemica

UOC Cardiologia – UTIC

AORN dei Colli – Ospedale Monaldi

Napoli