Palpitazioni e tachicardia

Le palpitazioni o cardiopalmo sono un sintomo abbastanza comune nella popolazione generale, alla cui origine vi è spesso un aritmia cardiaca. Molto frequentemente sono dovute ad una tachicardia, cioè una frequenza cardiaca  maggiore di 100 bpm.

Le tachicardie di origine aritmica si dividono in tachicardie sopraventricolari e ventricolari.

Le prime iniziano appunto nella parte superiore del cuore (atrii) e si conducono poi lungo tutto il normale sistema di conduzione, come avverrebbe fisiologicamente, ma in maniera molto più rapida.

Le seconde iniziano a livello ventricolare ed in genere sono molto più pericolose, in quanto possono alterare la normale fisiologia, arrivando a provocare persino la perdita di sensi e l’arresto cardiaco.

 

Tachicardia da rientro nodale: di cosa si tratta?

La tachicardia da rientro nodale (TRN) è una delle aritmie incluse nel vasto gruppo delle tachicardie parossistiche sopraventricolari, insieme alla tachicardia da rientro atrio-ventricolare, la tachicardia atriale ectopica, il flutter atriale e la fibrillazione atriale.

La TRN è tra le più frequenti cause di palpitazioni nei giovani adulti (soprattutto donne), arrivando ad esserne la causa nel 60% dei casi.

La TRN generalmente non si associa a cardiopatia organica, la prima manifestazione clinica si ha nella terza o quarta decade di vita, è rara nell’infanzia e adolescenza.

 

Tachicardia da rientro nodale: anatomia e fisiopatologia

La tachicardia da rientro nodale origina all’interno del nodo atrio-ventricolare (NAV), struttura importantissima tra l’atrio ed il ventricolo che funge da “stazione di controllo”, in quanto ad essa giungono tutti gli impulsi provenienti dagli atri che vengono controllati e selezionati, prima di passare in ventricolo, andandone così ad influenzare la frequenza di contrazione.

A seconda delle necessità dell’organismo e dell’attivazione autonomica prevalente, il nodo può scegliere di condurre più impulsi con aumento della frequenza (attività simpatica) o meno impulsi rallentando la frequenza (attività parasimpatica).

Le fibre che permettono la conduzione del nodo sono calcio-dipendenti e non sodio-dipendenti, quindi la loro conduzione non è del “tutto o nulla”, ma lasciano passare gli impulsi con una certa “gradualità”, rendendosi via via più refrattarie se gli impulsi superiori che cercano di passare diventano più frequenti.

In genere all’interno del nodo ci sono fibre più rapide e fibre più lente strettamente ravvicinate, ma talora può accadere che esse si trovino separate nettamente (dualità nodale), dando origine talora ad un rientro che scatena gli episodi di tachicardia.

Infatti il nodo atrio-ventricolare (NAV) nei pazienti affetti da TRN si comporta funzionalmente come se fosse costituito da due vie distinte, che si differenziano tra di loro per le loro caratteristiche elettrofisiologiche: il tratto posteriore corrisponde alla via lenta, mentre il tratto  anteriore corrisponde alla via rapida.

La via lenta di solito ha un periodo refrattario relativamente breve (recupera subito la capacità di poter condurre) e conduce lentamente.

La via rapida ha invece un periodo refrattario relativamente lungo (ci vuole più tempo per farla ricominciare a condurre) e una velocità di conduzione maggiore.

Immaginate la dualità nodale come 2 vie fibrose che divergono in direzione opposta fino a convergere in una via comune inferiormente che è quella verso il ventricolo (più precisamente verso il fascio di His). Quando uno stimolo arriva superiormente, esso attraverso entrambi i fasci fibrosi, ma naturalmente quello più rapido invierà prima lo stimolo nella porzione inferiore, una parte risalirà lungo la via più lenta, incontrando lo stimolo che la stava ancora percorrendo in anterogrado, scontrandosi con esso ed annullandosi. In questo caso ci sarà solo la conduzione anterograda tramite via rapida.

Talora può accadere che interviene un impulso superiore più precoce, es. extrasistole atriale, che trova la via rapida refrattaria, ma non quella lenta che viene attraversata dall’impulso tanto lentamente da dare il tempo alla rapida di recuperare e far passare l’impulso per via retrograda su di essa. L’impulso per via retrograda risale e incontra poi di nuovo  la via lenta non refrattaria, dando origine al rientro e quindi alla tachicardia.

Questa forma tipica di TRN è detta slow/fast perché utilizza la via lenta per la conduzione anterograda e la via rapida per quella retrograda (80-90% dei casi). Le forme atipiche delle TRN (10-20% dei casi) invece si possono ulteriormente differenziare in due tipi: la TRN fast/slow e la TRN slow/slow.

 

Sintomi e terapia

Il sintomo principale è la “palpitazione” con esordio e termine improvviso; infatti il paziente di solito percepisce un improvviso aumento della frequenza cardiaca, talora autorisolutivo, che potrà essere diagnosticato come tachicardia da rientro nodale solamente se si documenta l’aritmia con ECG durante l’episodio.

La TRN è una tachicardia a QRS stretto, con FC 150-250 bpm.

L’attacco acuto può essere gestito in maniera differente a seconda dalla sintomatologia, dalla presenza di patologie cardiache nonché dalla evoluzione dei precedenti episodi aritmici.

In genere  tranquillizzare il paziente, rassicurarlo o sedarlo sono buone norme per facilitare la risoluzione spontanea dell’aritmia.

Quando la tachicardia non si interrompe in maniera spontanea o quando diventa molto sintomatica con associazione di ulteriori sintomi, quali angina, ansia, sincope, scompenso cardiocircolatorio (in genere un’aritmia può avere manifestazioni cliniche più o meno gravi in base all’età del paziente, alla durata dell’aritmia, alla frequenza cardiaca ed alla presenza o meno di una cardiopatia associata. Una persona anziana con alterazioni cardiologiche risentirà in misura maggiore di una frequenza cardiaca più alta).

Durante la tachicardia è possibile provare ad interromperla con una serie di azioni volte a dare un blocco transitorio del passaggio che offre il NAV agli impulsi o facendo passare meno impulsi  attraverso di esso.

Tutto ciò si ottiene come primo tentativo con le manovre vagali, cioè manovre che riducono la frequenza cardiaca, aumentando l’attivazione del sistema parasimpatico. Le manovre vagali sono infatti  il trattamento di prima scelta nei pazienti emodinamicamente stabili, e consistono in:  manovra di Valsalva (espirazione forzata a glottide chiusa), massaggio del seno carotideo, digitopressione dei bulbi oculari,  immersione del viso in acqua fredda.

Quando le manovre sopracitate non funzionano o non si possono attuare, bisogna ricorrere ad un trattamento farmacologico. I farmaci che possono essere utilizzati per far terminare un episodio acuto di TRN   includono adenosina, calcio-antagonisti, betabloccanti e digitale. L’adenosina in bolo i.v. può interrompere immediatamente questo tipo di aritmia, infatti  è un farmaco a breve emivita che blocca la conduzione AV, risultando efficacie in oltre il 90% dei pazienti affetti da TRN o tachicardia da rientro AV.

Qualora l’adenosina non funzioni e nemmeno il tentativo con beta-bloccanti o calcio antagonisti, può essere essenziale ricorrere alla cardioversione elettrica, cioè ad una scarica elettrica applicata al paziente sotto anestesia e sincronizzata con quello che è il suo ritmo cardiaco. Oltre che nel caso di fallimento della terapia farmacologica, la cardioversione trova applicazione in caso di compromissione dello stato emodinamico del paziente.

Questi trattamenti possono interrompere l’episodio acuto, ma non le possibili recidive. Per tale motivo lo studio elettrofisiologico è essenziale, in quanto consente diagnosi certa del tipo di tachicardia sopraventricolare (non sempre è possibile distinguere i vari tipi di tachicardia all’ECG di base) e permette di “bruciare” ed eliminare una parte delle fibre responsabili del circuito da rientro e con esso eliminare la tachicardia (ablazione trans-catetere).

 

Studio elettrofisiologico

La procedura

Lo studio elettrofisiologico consiste nell’introduzione, attraverso alcune vene periferiche del corpo (generalmente quelle che passano nella regione dell’inguine/ vene femorali), di elettrocateteri che consentono di registrare l’elettrocardiogramma dall’interno del cuore (segnali endocavitari) o di stimolare il cuore secondo particolari modalitá.

L’introduzione nelle vene degli elettrocateteri viene eseguita dopo un’attenta anestesia locale allo scopo di eliminare il dolore ed il possibile fastidio. Gli elettrocateteri così inseriti vengono successivamente portati verso il cuore, sotto controllo radioscopico, cioè tramite i raggi X che vengono emessi e visualizzano le strutture in maniera continua. Negli ultimi anni è possibile eseguire, in centri specializzati, procedure che prevedono una quantità di radiazioni minima, sfruttando sistemi di ricostruzione 3 D che guidano man mano l’operatore.

Nel corsodello studio per la TRN è importante il riscontro della dualità nodale (della presenza delle due vie nodali) e l’induzione della tachiaritmia, che il paziente potrà o meno confermare essere simile o meno all’ episodio di cardiopalmo, di cui precedentemente ha sofferto.

Localizzata la zona sede di origine e perpetuazione della tachicardia da rientro nodale, attraverso l’ emissione di radiofrequenza, che riscalda il tessuto a contatto con la punta metallica (erogazione di temperature fino a 37 C) ed è in grado di produrre piccolissime lesioni, è possibile eliminare definitivamente il substrato responsabile.

Naturalmente tutto ciò avviene dopo aver compreso il meccanismo della tachicardia, aver individuato le strutture da bruciare e soprattutto dopo aver individuato le strutture più delicate, che non devono essere danneggiate, come per esempio il fascio di His.

Durante questo tipo di procedura si può avvertire una sensazione di bruciore della durata di pochi secondi, ma è molto importante rimanere fermi in modo tale che l’elettrocatetere non si sposti dalla sua posizione.

Al termine dell’ablazione viene generalmente ripetuto lo studio elettrofisiologico per verificarne l’efficacia.

La durata dell’esame è variabile da caso a caso, in genere può variare da una a tre ore.

Per la procedura sarà necessario un breve ricovero ospedaliero (1-3 giorni).

 

Le complicanze

Ci sono possibili complicanze derivanti dalla procedura, anche se rare:

  • Legate all’inserimento e posizionamento degli elettrocateteri:
    • Ematoma cutaneo 1%
    • Tromboflebite 0.6%
    • Lesioni arteriose 0.6%
    • Embolia sistemica 0.5%
    • Embolia polmonare 0.3%
    • Fibrillazione ventricolare 0.4%
    • Pneumotorace 1.5%
    • Versamento pericardico 1%, in genere di lieve entità ed a risoluzione spontanea
    • Infezioni 0,1%
    • Decesso 0.05%
  • Legate solamente all’ablazione:
    • Blocco atrioventricolare completo 0,1-1% dei casi , che qualora non sia transitorio può richiedere impianto di pacemaker

 

Durante la procedura è presente personale addestrato per fronteggiare qualsiasi urgenza/emergenza e apparecchiature necessarie per controllare costantemente l’elettrocardiogramma, i valori di frequenza cardiaca, la pressione arteriosa sistemica.

Dopo l’ intervento

In linea generale il periodo necessario per un recupero funzionale è di circa 4-5 giorni.

 

Alternative e mancato trattamento

L’alternativa all’ablazione è il trattamento farmacologico antiaritmico, che tuttavia non garantisce efficacia assoluta, esponendo d’altra parte il paziente al fastidio di assumere per periodi indefiniti sostanze che possono essere gravate da effetti collaterali avversi.

In assenza di farmaci o dell’ intervento naturalmente non vi è possibilità di ridurre o eliminare i sintomi relativi alla tachicardia e la loro ricorrenza.

 

 

Contatta l’esperto in merito a questo argomento.

 

Dott. Francesco Di Fraia
Medico in Formazione Specialistica in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare
Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”
Ospedale Monaldi – Napoli

 

Dott. Andrea Antonio Papa
Cardiologo Aritmologo, esperto in diagnosi e terapia dei disturbi del ritmo cardiaco

Dirigente Medico I livello
UOC Cardiologia e UTIC
Università della Campania L. Vanvitelli
AORN dei Colli – Ospedale Monaldi
Napoli

 

 

 

 

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Fig.3 Immagini fluoroscopiche degli elettrocateteri posizionati in corso di ablazione TCRF della tachicardia da rientro nodale